Firenze, l’Europa fa propria l’idea toscana sul recupero dei rifiuti a mare da parte dei pescatori, da oggi infatti i pescatori che portano a terra i rifiuti finiti accidentalmente nelle loro reti non ne diventano più automaticamente produttori e non sono più costretti a scegliere se ributtarli in mare per non assumersene la responsabilità e i costi di smaltimento, ma lo potranno fare senza rischi, contribuendo a ripulire i mari da plastiche e scarti di ogni genere.
Sta scritto nella direttiva europea sugli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi, che ha ricevuto oggi il via libera dal Parlamento europeo.
La norma europea riprende il progetto sperimentale “Arcipelago Pulito” della Regione Toscana, il cui valore aggiunto e innovativo rispetto a esperienze per alcuni aspetti simili portate avanti in altri mari e in altre parti del mondo sta nell’aver creato una filiera completa, che va dalla raccolta del rifiuto alla sua analisi e trattamento e, quando possibile, recupero in un impianto idoneo.
Il primo progetto in Italia e in Europa da questo punto di vista. Un esperimento, nel braccio di mare davanti a Livorno con il coinvolgimento di una locale cooperativa di pescatori, ma anche di Legambiente, la Guarda Costiera, l’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Settentrionale, Unicoop Firenze, la società Labromare che gestisce la raccolta dei rifiuti nel porto livornese e Revet che li ricicla.
Dopo i primi quattro mesi la sperimentazione è stata prorogata per altri quattro. E nei primi sei, da aprile fino allo scorso settembre, sono stati raccolti oltre 18 quintali di rifiuti, per un volume di oltre 24 mila litri. Su diciotto quintali, quattordici sono plastiche non recuperabili e da avviare allo smaltimento, il 14 per cento (260 chili) plastiche riciclabili.
Ci sono anche piccole percentuali di acciaio, alluminio o banda stagnata. In mare in fondo si può trovare di tutto: ad aprile, in una delle prime uscite, i pescatori di Livorno tra sanpietri e sugarelli, scampi, qualche sardina, rombi e un polpo tirarono su con le reti a strascico non solo bottiglie di plastica, fascette, sacchi e buste, ma anche il presunto sterzo di un motoscafo, una vecchia tanica e una torcia da sub. Oggetti a volte quasi nuovi, altri a pezzi, molti incrostati dal tempo e dalle conchiglie.
Il progetto toscano, esempio di economia collaborativa e circolare ma anche molto senso pratico, era stato presentato a fine giugno a Bruxelles al Parlamento europeo. L’iniziativa era stata organizzata assieme alla deputata Simona Bonafè, che ha poi presentato l’emendamento accolto nella direttiva che ha raccolto adesso il sì dell’assemblea dell’Unione. Adesso la parola passa agli Stati membri, che la dovranno recepire nei loro ordinamenti.