Seduta solenne del Consiglio regionale al teatro della Compagnia per celebrare la Festa della Toscana, evento in ricordo dell’abolizione della pena di morte e affermazione della promozione dei diritti umani, della pace e della giustizia, come elemento costitutivo dell’identità della regione
Firenze, il 30 novembre del 1786 la Toscana adottò un nuovo codice penale in cui, per la prima volta al mondo, si decretava l’abolizione della pena di morte: la ‘Festa della Toscana’ vuole ricordare quell’evento straordinario ed affermare l’impegno per la promozione dei diritti umani, della pace e della giustizia, come elemento costitutivo dell’identità della Toscana.
Le manifestazioni dedicate alla Festa si svolgeranno nell’arco di tre mesi dal 30 novembre 2018 al 28 febbraio 2019, oggi Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo ha fatto la prolusione per l’inaugurazione della Festa durante la seduta solenne del Consiglio regionale al Cinema La Compagnia.
Il ragionamento del presidente Rossi ha messo in luce i tratti dell’azione di governo lorenese che hanno segnato l’immagine e lo spirito pubblico della Toscana, sull’onda lunga che nasce dall’Umanesimo e dal Rinascimento. “L’opera di Pietro Leopoldo fu ispirata a una visione di policentrismo e pluralità, in contrasto con l’asimmetria tra Firenze e le altre città toscane coltivata precedentemente dai Medici. Fu un’azione che si nutrì anche delle riflessioni del Machiavelli sulla necessità di domare la ‘fortuna’. In questa tradizione, insomma, si ritrova il filo rosso del riformismo toscano, realista ma anche ambizioso. Un riformismo che si avvalse del contributo di tanti intellettuali di respiro europeo, da Giulio Rucellai a Pompeo Neri, da Francesco Maria Gianni ad Angelo Tavanti.”
“Il riformismo lorenese – ha proseguito – fu la manifestazione concreta di una politica che sapeva ascoltare, si pensi alle ‘deputazioni’, commissioni speciali di esperti che dovevano preparare e presentare memorie, e poi decidere e realizzare: ricordo le grandi opere pubbliche, le bonifiche, il riassetto idrogeologico, le grandi infrastrutture portuali e ferroviarie, con Leopoldo II, che modernizzarono la Toscana creando lavoro e combattendo la fame”.
“Nel complesso – ha sintetizzato Rossi – la Toscana dei Lorena ci consegna un’eredità ricca e importante. È a questo modello che in primo luogo mi piace pensare riflettendo sull’identità della Toscana. Una tradizione di buon governo, che fa proprie le migliori idee proprie della stagione umanistica e di quella illuministica. Il senso profondo di un’identità che convive con la pluralità e la diversità, che si arricchisce degli influssi e degli apporti esterni. Una radicata e profonda idea di umanità, di giustizia, di razionalità nel governo delle cose umane. Un realismo che, consapevole della debolezza e della fragilità della condizione umana e della mutevolezza della fortuna, non rinuncia a lottare per un mondo più equo e umano. È qui – ha concluso – che dobbiamo ritrovare le radici autentiche della nostra storia”.