Florovivaismo: nel giorno di San Valentino debutta il marchio “Fiori italiani” creato da Coldiretti Toscana e Affi, l’associazione nazionale floricoltori e fioristi italiani. Il primo carico di fiori freschi, preparato e spedito da Viareggio, è già arrivato nei Paesi Bassi. La Toscana si conferma regione di punta nella produzione di fiori recisi e piante da esterno, e l’export è in crescita. Rimangono la grande criticità degli ingressi di patogeni alieni e le mutazioni dovute ai cambiamenti climatici. Sulle rose, invece, drammatica riduzione della coltura sul nostro territorio a causa delle importazioni massive.
D’ora in poi sarà “Dillo con Fiori Italiani”, un brand per tutte le occasioni il cui plusvalore risiede proprio in quel “italiani” che renderà riconoscibile la filiera florovivaistica nazionale e nostrana e permetterà al consumatore di fare acquisti consapevoli. Nel giorno di San Valentino debutta il marchio a lungo atteso da Coldiretti Toscana, Affi (Associazione Nazionale Florovivaisti e Fioristi Italiani) e Regione Toscana, e al quale le tre realtà hanno lavorato sinergicamente per circa due anni con lo scopo di ravvivare e sostenere il comparto, anche sul mercato estero. Dopo la pandemia, che aveva messo in ginocchio il settore facendo impennare i costi, legati a quelli energetici che sono componente fondamentale del processo produttivo, “gli imprenditori si sono mostrati reattivi e dinamici”, spiega Letizia Cesani, Presidente Coldiretti Toscana, desiderosi di tornare a rappresentare un’eccellenza a livello nazionale e non solo. “Sono oltre 300 le imprese floricole, solo nella nostra regione, concentrate principalmente tra Viareggio, Lucca-Pescia che potranno utilizzare il marchio”, prosegue. “La difficoltà del settore, che sta vivendo una fase di ristrutturazione ed organizzazione, si è aggravata nel periodo del Covid per precipitare con l’esplosione dei costi delle materie prime, come il gasolio, i concimi ma anche i vasi, che stanno condizionando le scelte e le strategie produttive. Se venti anni fa le rose erano un fiore molto diffuso nelle nostre aziende oggi non lo sono più, costa troppo produrle e c’è una grande concorrenza dei paesi dove non c’è bisogno di riscaldare le serre. Le rose sono state sostituite da ranuncoli, gerbere e viola a ciocche, produzioni che stanno conquistando il mercato e che vanno promosse. Il marchio può aiutare a veicolare meglio il prodotto italiano, a sostenerlo, a farlo emergere nel mare magnum di produzioni straniere prodotte sfruttando la manodopera o impiegando fertilizzanti proibiti o con livelli non consentiti nel nostro paese”.
“Una bellissima novità – ha detto la vicepresidente e assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi –  fortemente voluta e spinta da Coldiretti che, con Affi, porta il florovivaismo della Toscana, già un’industria di primo piano sia nell’agricoltura toscana sia a livello internazionale, in giro per il mondo. Molte sono  le misure che come Regione Toscana mettiamo in campo per sostenere le imprese del florovivaismo con il Programma di Sviluppo Rurale, sia atttraverso progettualità di distretto e di filiera, sia attraverso progettualità che riguardano investimenti di crescita di un settore che è anche molto innovativo, basti pensare alle nuove modalità che sta applicando per un uso razionale dell’acqua, sia per la riduzione di fitofarmaci e diserbanti.
“Il marchio è un elemento distintivo ed immediatamente riconoscibile che indentifica, oltre ogni ragionevole dubbio, la provenienza dei fiori e così le caratteristiche delle nostre produzioni floricole nazionali”. Così Cristiano Genovali, Presidente AFFI. “Il consumatore sa che quando acquista un fiore italiano sta acquistando un prodotto coltivato con metodi sostenibili quando se non addirittura biologici, attento all’ecosistema. Il marchio potrà rafforzare e promuovere con maggiore vigore e chiarezza i nostri fiori anche nel mercato interno e sensibilizzare i consumatori a scegliere e preferire fiori nazionali. Un messaggio che siamo convinti questa nuova esperienza renderà più efficace e visibile”.
Una conquista, dunque, per un settore che vale oltre 3 miliardi di euro, se abbracciamo tutto il comparto florovivaistico nazionale. “La Toscana – prosegue Genovali- è senz’altro la regione di punta, se non la prima nell’ambito della produzione dei fiori recisi e di quella delle piante da esterno con il distretto pistoiese. I numeri sono importantissimi, con circa 3 miliardi di euro di produzione e un export in crescita, ma rimangono le criticità con gli ingressi di patogeni alieni, effetto della globalizzazione e delle restrizioni sull’uso di fitofarmaci a livello europeo, e anche con le mutazioni portate dai cambiamenti climatici, che ormai riguardano l’agricoltura in generale”.
Le rose, un caso a parte, e si segnala la drammaticità della coltura in Italia oltre che nel territorio toscano dove, conclude Genovali, “vent’anni fa, nella zona versiliese, si vantavano 110 ha di produzione di rose, adesso se ne contano 3,5 ha, questo perché le importazioni massive da paesi terzi come Colombia, Kenya, Ecuador, veicolati da mostri commerciali quali quelli olandesi, ha impoverito il prodotto italiano, un fenomeno deleterio che si sta verificando anche in altre produzioni. La rosa resta comunque il fiore principe, il 70% dei fiori venduti è una rosa, ma molto spesso non è italiana”. Come si dice, non è una rosa se non ha le spine.