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Firenze, 7mila alloggi vuoti; Abitare Solidale: “Usiamoli per co-housing”

7mila alloggi

Dal sito abitaresolidaleauser.it

Circa 7mila alloggi sfitti nel Comune di Firenze a fronte di una notevole emergenza abitativa, spesso causata dalle conseguenze della crisi economica, che si traduce in un costante aumento degli sfratti dal 2008 ad oggi, quasi sempre per morosità incolpevole (circa il 98%), e nell’80% dei casi per perdita del lavoro o chiusura della propria attività, che interessano non solo famiglie a basso reddito, intorno ai 22mila euro lordi, ma anche nuclei con un reddito attorno ai 35.000 euro.

Sono le stime fatte da Auser Abitare Solidale, l’associazione fiorentina che da oltre 10 anni, prima in Italia, promuove modelli innovativi di abitare condiviso e collaborativo in risposta alla fragilità alloggiativa. Secondo l’associazione sarebbero appunto circa 7mila gli alloggi che risultano sfitti (o potenzialmente affittati al nero) nel capoluogo toscano.

A questo fenomeno preoccupante si aggiunge la diminuzione dello stock abitativo a disposizione per locazioni tradizionali a causa della migrazione verso l’affitto breve turistico, tipico dell’Airbnb, e una certa refrattarietà ad affittare a nuclei stranieri le proprie case per paura di una eventuale non solvibilità dell’affitto, anche se spesso ingiustificata.

Da qui nasce il servizio di valorizzazione immobiliare in chiave fortemente sociale ‘LabHOuse – Laboratorio Casa’ di Auser Abitare Solidale: nell’ambito di questo progetto, l’associazione lancia una chiara e concreta proposta, indirizzata ai proprietari immobiliari dei 7mila alloggi attualmente sfitti e inutilizzati: “Date a noi le vostre case in gestione. Noi gli daremo nuovo valore sociale attraverso due possibilità: o mediante la sottoscrizione di un comodato d’uso che garantirà la copertura di tutte le utenze, le spese di condominio, eventuali tasse sulla casa, piccole manutenzioni a carico dei nuovi ospiti; oppure tramite un contratto di locazione con un affitto sociale, certamente più basso di quello di mercato, ma sicuro e con una forte riduzione della tassazione sulla locazione. E anziché restare vuota, la vostra casa diventerà oggetto di una coabitazione tra persone che stanno attraversando un periodo di difficoltà, e che così potranno avere una casa”. E infine l’appello sul numero di case che servono: “Abbiamo bisogno di almeno dieci case entro gennaio per rispondere alle richieste dei nostri utenti in difficoltà”.

In sintesi, una soluzione doppiamente vincente: per i coabitanti, che potranno suddividere il costo della locazione e delle utenze senza correre il rischio della morosità; per il proprietario, che non dovrà sostenere più i costi della casa, anche se vuota, ed anzi potrà contare sulla sicurezza di un affitto contenuto. A tutela di entrambe le parti verrà garantito un fondo di garanzia per evitare eventuali morosità e compensare soldi eventualmente perduti dal proprietario. Il tutto all’interno di un progetto sociale più ambizioso che prevede la costruzione di relazioni arricchenti tra coabitanti e l’attivazione di percorsi di autonomia specifici per migliorare progressivamente le condizioni economiche iniziali dei nuovi inquilini.

“Dal 2008 ad oggi – ha detto il fondatore e coordinatore Auser Abitare Solidale, Gabriele Danesi – si è assistito a un progressivo allargamento della fascia di popolazione a rischio povertà, soprattutto abitativa, che, partendo dalla ‘fascia grigia’ prima, e dalla ‘povertà relativa’ o ‘intermittente’ in tempi più recenti, coinvolge nel contesto attuale anche persone dotate di reddito certo (da lavoro o da pensione). Personalmente oggi credo sia lecito parlare di normalità sospesa, condizione che potremmo sintetizzare come una ‘situazione in cui, pur in presenza di un’oggettiva disponibilità economica, posizione lavorativa e/o reddituale certificata, strumenti relazionali e culturali, si è nell’impossibilità di accedere a beni, diritti e servizi a causa di fattori esterni non gestibili da una policy pubblica e orientati da meccanismi speculativi’. Per questo crediamo che il modello di abitare condiviso da noi sperimentato possa, con le debite accortezze e garanzie, offrire risposte a queste nuove forme di povertà”.

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