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Firenze, a Medicina un corso per insegnare l’empatia coi pazienti

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immagine di archivio

Si chiama  ‘medical humanities’:  gli studenti di medicina, fin dal primo anno di corso, saranno chiamati ad affinare le proprie capacità per quanto riguarda l’ascolto, la comunicazione e l’empatia con il paziente, anche attraverso esperienze formative che includono il teatro, il cinema, la letteratura e l’arte.

Fortificare ed insegnare rapporti di empatia coi pazienti e i loro familiari aggiungendo al rapporto clinico il necessario rapporto umano per elevare gli standard di guarigione e di successo delle cure, nonché il grado di relazioni fra le persone in ambito sanitario.  E’ questo l’obiettivo del corso  che, dopo una sperimentazione di un anno, entra ufficialmente nel curriculum dei laureandi  in Medicina e Chirurgia dell’Università di Firenze.

Il corso si strutturerà su una una serie di attività integrative che hanno la finalità di allargare  l’orizzonte formativo degli studenti affinché acquisiscano piena consapevolezza del delicato ruolo che andranno a svolgere nella professione. La presentazione della ‘didattica professionalizzante immersiva’ viene presentata agli studenti all’avvio delle lezioni dell’anno accademico 2022-2023, lunedì 10 ottobre (ore 8.30 – 9.30 presso l’Aula di Biochimica, viale Morgagni 50), dai docenti Linda Vignozzi, Donatella Lippi e Stefano Romagnoli, presenti la presidente della Scuola di Scienze della Salute Umana Betti Giusti e il presidente del corso di laurea in Medicina e Chirurgia Domenico Prisco.

Tra le prime prove, si legge in una una nota dell’università di Firenze, le matricole di Medicina saranno chiamate all’interno di un ambulatorio dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Careggi a rispondere al telefono ai pazienti e a fornire le prime informazioni medico-cliniche con professionalità e capacità di relazione. Al secondo anno, gli studenti si confronteranno, grazie alla collaborazione con l’Associazione Toscana Tumori (Att) e la Fondazione Italiana Leniterapia (File), con l’approccio con i malati oncologici, avvicinandosi al tema delle cure palliative. Più avanti, l’esperienza del fare teatro servirà a comprendere meglio il lavoro in team e il rispetto dei ruoli. Visitando gli Uffizi, inoltre, gli studenti del quinto anno potranno osservare le opere della collezione di Ars Medica ed esercitare la propria capacità di osservazione.

Al sesto anno, è prevista l’esperienza in hospice, dove, anche se non si può guarire, si può curare. “Crediamo che la crescita professionale dei nostri studenti debba comprendere l'”immersione” in attività che possano sensibilizzarli ad affinare non solo le capacità pratiche (“il saper fare”) ma anche le capacità relazionali e comunicative (“saper essere”).”tramite attività, esperienze ed emozioni che sensibilizzino una profonda riflessione individuale sul ruolo del medico e del rapporto medico-paziente”, sottolinea Linda Vignozzi. “Percorsi innovativi come quello che il corso di laurea di Medicina e Chirurgia sta sviluppando, e che verranno estesi anche ad altri della Scuola di Scienze della Salute Umana, sono fondamentali per supportare la formazione di figure professionali che intercettino sempre di più la necessità di personalizzazione della prevenzione, diagnosi e cura e che, sfruttando le sempre maggiori conoscenze e tecnologie disponibili, siano in grado di modellarle non solo sul profilo genetico, molecolare e clinico ma anche psicologico-sociale del paziente – dichiara Betti Giusti -. Sviluppare figure professionali con queste caratteristiche permetterà di sviluppare e applicare nuovi modelli assistenziali, partendo proprio dall’individuo (professionisti sanitari, soggetti-pazienti), caratterizzati da elevata performance, funzionalità e sostenibilità».

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