Firenze, nuovi disagi al pronto soccorso dell’ospedale fiorentino di Careggi, parla il sindacato Nursind.
Il segretario Nursind Aou Luca Bigi, si è espresso in merito ai disagi nel pronto soccorso dell’ospedale di Careggi. Bigi fa sapere che “alle 18 di ieri, la vigilia dell’Immacolata, erano una sessantina le persone in attesa di una visita, e a mezzanotte diversi pazienti attendevano da più di 12 ore”.
“Nelle stanze visita -prosegue- c’erano 40 persone in corso di trattamento, ai quali bisogna aggiungere le venticinque in attesa di un posto letto, alcune delle quali da più di 24 ore. E qualche giorno prima un paziente aveva atteso il posto letto in reparto per più di 48 ore”.
“Attualmente -prosegue ancora Bigi- in pronto soccorso l’asset notturno del personale prevede quattro medici, 16 infermieri e 14 Oss. Mancano, a nostro avviso, un medico, un infermiere e gli spazi visita.”
“Ma -conclude- la carenza di personale, ammesso ci sia la volontà di risolverla, non è che uno dei problemi”. Per Bigi “lascia sgomenti l’ormai cronica assenza di risposte da parte dell’Azienda e della Regione” ed “è necessario che venga aperto con la massima urgenza un tavolo tecnico di confronto che coinvolga tutti i soggetti interessati”.
Condizioni inaccettabili per il sindacato
Per il sindacato degli infermieri, la concentrazione di 60 persone al pronto soccorso crea condizioni di attesa al limite della civiltà e costituisce un insulto alle persone che in stato di bisogno accedono al pronto soccorso del più grande ospedale regionale.
Contemporaneamente inoltre costituiscono un rischio per la salute, sia per l’impossibilità fisica di gestire i bisogni dei pazienti, sia per l’ovvio contributo che in queste condizioni si dà alla diffusione delle malattie a trasmissione aerea.
Secondo il Nursind le soluzioni da intraprendere quanto prima riguardano l’apertura di nuovi reparti, l’aumento del personale in pronto soccorso, il recupero di spazi e strutture, un intervento sul 112 e la costruzione di una rete per cui si possano ricoverare le persone in ospedali diversi da quello in cui avviene l’accesso in pronto soccorso, oltre al potenziamento dei servizi ambulatoriali.