Grazie a un attento restauro, torna visibile nella sua bellezza originale, una straordinaria testimonianza dell’antica Florentia, il pavimento in mosaico policromo di epoca paleocristiana della chiesa di Santa Reparata nel Duomo di Firenze.
Nel pavimento, spiccano la magnifica figura di un pavone, simbolo cristiano della resurrezione, e un’epigrafe con i nomi dei 14 donatori dei mosaici, divisi in base al numero di piedi romani finanziati.
Il lavoro, durato un anno e mezzo, è stato eseguito dai restauratori dell’Opera di Santa Maria del Fiore, ed ha interessato tutto il pavimento musivo dell’area archeologica, di circa 100 mq, decorato a figure geometriche con esagoni, losanghe e nodi di Salomone.
Si tratta del pavimento della prima chiesa di Santa Reparata, che vide la luce ai primi decenni del V secolo d.C. (52 metri di lunghezza per 25 di larghezza presunti), divisa al suo interno in tre navate separate da due file di quattordici colonne. Al centro della navata
principale, si trovava l’emblema del pavone.
In particolare a questi ultimi sono riconducibili le numerose integrazioni con cemento, dannose per gli stessi mosaici, che sono state sostituite da malta, il più simile possibile a quella originale, poi incisa e ritoccata cromaticamente. Le nuove integrazioni, riconoscibili e facilmente rimovibili, hanno così restituito leggibilità ai decori del pavimento.
L’area archeologica della chiesa di Santa Reparata nel Duomo di Firenze è un’importante testimonianza dell’antica Florentia, dove i visitatori possono vedere non solo la storia della Cattedrale ma la vita della città di Firenze dal I secolo d.C. al XIV.
L’area fu aperta al pubblico nel 1974, dopo una campagna di scavi durata quasi dieci anni. Nel 2014 è stato realizzato il nuovo percorso espositivo ad andamento cronologico che va dai resti di epoca romana, preesistenti alla costruzione della chiesa, alla sua fondazione in
epoca Paleocristiana, alla fase altomedievale e quella romanica.
Sulla stessa asse, più in direzione dell’originale facciata (che guardava il Battistero ed era avanzata di 7-8 metri facciata (che guardava il Battistero ed era avanzata di 7-8 metri
rispetto a quella della Cattedrale) la lunga epigrafe con i nomi dei donatori. Il pavimento fu realizzato da maestranze africane con cui la Firenze del tempo aveva stretti rapporti culturali ed economici.
Il restauro odierno fa parte di una serie di interventi messi in campo dall’Opera di Santa Maria del Fiore in sinergia con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per migliorare la fruizione dei monumenti del Duomo di Firenze di cui la chiesa di Santa Reparata fa parte.
Il pavimento musivo presentava vari fenomeni di degrado dovuti sia al passare del tempo – distacco e sfaldamento delle tessere, lacune di varie dimensioni, depositi di sporco – sia a precedenti restauri.
L’ultima fase, quella romanica, conobbe le maggiori trasformazioni della chiesa. L’edificio fu rialzato, sette pilastri per lato divisero le tre navate, una cappella settentrionale speculare
a quella altomedievale diede vita a una pianta a transetto.
La chiesa fu decorata con affreschi e continuò a essere un luogo di sepoltura privilegiato fino al 1379, anno in cui fu abbattuta per far posto alla nuova Cattedrale. Numerose le tombe presenti in Santa Reparata, tra queste la tomba di Filippo Brunelleschi, mentre non ci sono tracce di quelle di Giotto, Arnolfo di Cambio, Andrea Pisano che secondo la tradizione dovevano essere qui sepolti.