Una fondazione che rischia lo smembramento, due teatri a rischio programmazione per il 2024 e anche per il prossimo triennio. E’ il quadro desolante che emerge dall’audizione di Marco Giorgetti, direttore del Teatro della Toscana, sentito ieri a Palazzo Vecchio sul dissesto economico che ha investito l’ente e in cui a pagare sono soprattutto Rifredi e Pontedera. Una gestione di cui la politica sta chiedendo conto, in tutti i sensi.
Il bivio resta. L’audizione di Marco Giorgetti, direttore generale della Fondazione Teatro della Toscana, avvenuta ieri a Palazzo Vecchio davanti alla Commissioni Controllo e Cultura in forma congiunta, la si può riassumere come lui stesso ha detto, “una problematica intensa”, dove a pesare, oltre ai soldi mancanti per far decollare la stagione, così dichiara Giorgetti, sono soprattutto le responsabilità.
Se il destino di non uno, ma di ben tre palcoscenici è in forse, con il rischio di “declassamento” della Pergola che potrebbe non mantenere lo status di “teatro nazionale” e la messa in stand by delle programmazioni di Rifredi ed Era di Pontedera, c’è da chiedersi se l’austerity a cui stiamo assistendo si poteva evitare. Questi sono i fatti: al momento, per l’anno in corso, è arrivato in cassa solo il 20% dei contributi su un totale di 7,5 milioni di euro, che è l’ammontare che i soci – ossia Regione, Comune di Firenze e Pontedera e Città Metro – rividero al ribasso nel 2023 chiedendo di attingere per il restante al fondo di riserva, fondo dove ora vi sono 970 mila euro, non bastanti a coprire il disavanzo.
Tirate le somme, c’è un milione che potrebbe fare la differenza offrendo ossigeno a realtà che stanno boccheggiando da tempo all’ombra della Pergola che, spiega ancora Giorgetti, non poteva scendere di standard, e quindi ha impegnato la macchina in produzioni qualitativamente e quantitativamente alte. Oltre, come immaginabile, ai compensi per le star Favino e Accorsi. Nonostante lo spirito resiliente di Rifredi e Pontedera, pronti e fiduciosi in una ripartenza, c’è un sipario che rischia di calare su un intero sistema culturale e dello spettacolo per il quale la politica ora chiede una visione chiara e sostenibile da tutti i punti di vista.