Il Tar del Lazio ha respinto il ricorso del Comune di Firenze contro il decreto di definanziamento deciso dal governo relativo ai 55 milioni di euro per la riqualificazione dello stadio Artemio Franchi. Il comune di Firenze ha annunciato ricorso al Consiglio di Stato
È quanto riporta in una nota il Comune di Firenze che ha annunciato ricorso al Consiglio di Stato manifestando “stupore per la decisione”. Si tratta dei fondi del Pnrr che inizialmente erano stati concessi e, in un secondo momento, negati.
In una nota il Comune si dice “convinto ancor di più delle proprie ragioni e dell’ingiusto e immotivato danno alla Città e all’area metropolitana di Firenze, anche considerando il diverso trattamento riservato dal governo ad altre amministrazioni come quella di Venezia”, il cui progetto del Bosco dello Sport è stato finanziato integralmente. “Resta in ogni caso la disponibilità del Comune e della Città metropolitana – viene spiegato dall’amministrazione – a collaborare con i ministeri competenti per una soluzione condivisa nell’interesse della città, come sempre affermato e dimostrato anche con atti formali ai quali tuttavia fino ad ora non sono mai arrivati riscontri”.
Sul progetto del Franchi erano stati destinati dallo Stato oltre 190 milioni, anche con finanziamenti europei. Ad oggi 151 milioni sono previsti nel quadro economico della gara per la riqualificazione dell’impianto sportivo mentre 55 milioni, in un primo momento accordati, sono appunto stati definanziati. I 55 milioni definanziati non sono previsti nella gara attuale per la progettazione esecutiva del Franchi ma solo come opzione successiva: se Palazzo Vecchio riuscirà a trovare lo stesso quelle risorse il vincitore della gara avrà automaticamente un affidamento integrativo.
Con un primo motivo di ricorso, il Comune di Firenze chiedeva l’annullamento del Dm ritenendolo privo di motivazione. Il Tar, però, ha ritenuto che la censura debba essere disattesa. “L’ente ricorrente – si legge nella sentenza – è stato notiziato, sin dall’avvio delle interlocuzioni tra il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Commissione europea, delle criticità insorte circa l’ammissibilità dell’intervento di ristrutturazione dello Stadio Artemio Franchi di Firenze”; ecco perché “il provvedimento amministrativo impugnato è sufficientemente motivato”. Quanto al definanziamento disposto con il decreto contestato, lo stesso per i giudici “è la conseguenza di una serie di interlocuzioni tra i Ministeri competenti e la Commissione europea, che si sono rapidamente svolte nell’intento di valutare se l’opera presentata dal Comune potesse rientrare tra quelle ammissibili a finanziamento”.
In più, “la Commissione europea ha, allo stato degli atti, escluso l’ammissibilità a finanziamento sulle risorse Pnrr del progetto presentato dal Comune di Firenze non avendo ravvisato che vi fosse coerenza tra gli obiettivi perseguiti e le finalità di coesione sociale che, invece, caratterizzano la misura in parola. Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dall’ente ricorrente, il decreto impugnato non è affetto da eccesso di potere, sotto il profilo dell’illogicità manifesta, arbitrarietà e contraddittorietà, poiché è stato frutto delle osservazioni contrarie della Commissione, che non ha condiviso né ritenuto sufficienti i chiarimenti forniti”. Con riferimento al motivo di ricorso secondo il quale “il Ministero dell’Interno non poteva, con proprio decreto, azzerare il finanziamento per l’intervento dello Stadio Artemio Franchi”, il Tar ha ritenuto il vizio d’incompetenza sollevato “insussistente”. Respinti i motivi di ricorso di tipo procedurale e la domanda di risarcimento dei danni, quanto al ritenuto mancato bilanciamento tra i diversi interessi in gioco i giudici hanno rilevato che “l’obbligo di cooperazione che grava sugli Stati dell’ Ue e, di conseguenza, sulle pubbliche amministrazioni nazionali, si estende fino ad imporre l’annullamento in autotutela di provvedimenti amministrativi collidenti con le norme comunitarie, poiché, in presenza di tale illegittimità, il concreto ed attuale interesse pubblico al ritiro dell’atto amministrativo è da considerare non solo in re ipsa, ma anche prevalente sui contrapposti interessi privati alla conservazione dell’atto, nel nome della prevalenza dell’ordinamento comunitario sulle norme interne”.