Una ricerca internazionale coordinata dall’università di Pisa evidenzia un drastico cambiamento nella risposta del suolo, che determinò una maggiore erosione in risposta al brusco aumento delle precipitazioni. INTERVISTA CON LA DOTT.SSA ELEONORA REGATTIERI
Eleonora Regattieri e Giovanni Zanchetta, del Dipartimento di Scienze della Terra, insieme al loro team, hanno analizzato una colata stalagmitica proveniente della Grotta di Rio Martino nelle Alpi occidentali in Piemonte, una sorta di “archivio naturale” che ha consentito di studiare l’impatto antropico sull’ambiente alpino negli ultimi 9.000 anni e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Report.
“Nella regione alpina – spiega Regattieri – l’inizio dell’Età del Ferro coincide con lo sviluppo delle tecniche casearie. La possibilità di conservare e trasportare il latte prodotto in estate coincide con l’inizio dell’utilizzo permanente dei siti di alta quota e lo sviluppo della moderna economia alpina, tutte attività che impattano sull’ambiente e soprattutto sul suolo.
Nel periodo compreso tra 9800 e i 2800 anni fa, quando la pressione antropica nei siti di alta quota era scarsa, l’erosione del suolo appare legata soprattutto a contrazioni naturali della vegetazione, legate a momenti di riduzione delle precipitazioni, successivamente le scenario cambia radicalmente a causa dell’attività dell’uomo”. Secondo Zanchetta, “Rio Martino suggerisce un profondo e precoce impatto delle attività umane sui naturali processi della cosiddetta ‘Zona Critica’, cioè la ‘pelle’ che riveste il pianeta e che tramite una rete di complesse interazioni tra le diverse componenti biotiche e abiotiche determina la disponibilità di risorse che rendono possibile la vita sulla Terra”.