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L’editoriale di oggi Domenico Guarino. La rubrica va in onda tutte le mattine alle 8.10 nella trasmissione 30 Minuti su Controradio.
Facite ammuina: la vicenda della ristrutturazione dello Stadio Franchi rischia di diventare l’ennesima sceneggiata italiana. O meglio, visti i protagonisti, italoamericana. Da una parte l’imprenditore che, dimentico tra le altre cose della responsabilità sociale stabilita all’art 41 della Costituzione, dichiara ‘i soldi li metto io faccio come mi pare’; dall’altra la prospettiva di una giungla normativa e burocratica in cui fu ‘dolce il naufragar’ anche delle migliori intenzioni.
Proviamo a mettere ordine. In primo luogo va detto che l’emendamento al DL semplificazioni, per come è congegnato, darebbe a Commisso anche la possibilità di buttar giù davvero il Franchi e rifarlo daccapo; magari mettendo un pezzettino della Torre di Maratona al museo del calcio. In secondo luogo però una cosa del genere non è immaginabile, e creerebbe un pericoloso precedente. Oltre a trascinare tutti in una guerra senza quartiere tra conservatoristi e distruzionisti che, questa sì, durerebbe anni, come accaduto per la Loggia Isozaky.
E allora? Allora la proposta di una concorso internazionale che chiami a Firenze le migliori energie creative del mondo sarebbe davvero la soluzione per salvare la capra dell’investimento e il cavolo dell’opera d’arte. D’altro canto politica, amministrazione e associazioni coinvolte dovrebbero fare un patto, una specie di gentleman agreement, con una tempistica certa che se non proprio fast fast fast, permetta di avere lo stadio in 4/5 anni. Questo darebbe lustro a tutti i soggetti coinvolti. E sarebbe da esempio per tutti. Senza fare ammuina.