L’editoriale di oggi Domenico Guarino. La rubrica va in onda tutte le mattine alle 8.10 nella trasmissione 30 Minuti su Controradio. Per leggere ed ascoltare tutti i ‘caffè’ vai QUI
E’ una questione di qualità o una formalità, non ricordo più bene. Così cantavano i CCCP la bellezza di 34 anni fa, incapaci di decidere se stare bene o stare male (o non saper come stare). Erano anni in cui si sgretolavano certezze epocali; da lì a poco il Muro sarebbe crollato, e con Berlino unita sarebbe nata una nuova Europa ed un nuovo mondo, lasciando interdetti i più. La canzone mi è tornata in mente pensando al caso che ha travolto il presidente dell’INPS Pasquale Tridico. Perché alla fine il tema è proprio quello: il rapporto tra la quantità e la qualità. 150 mila euro all’anno sono pochi o troppi? Al netto della tempistica, non certo felicissima, la risposta non può che essere: dipende! In assoluto per una responsabilità così pesante sarebbero anche pochi, considerato che un normale consigliere regionale prende più o meno la stessa cifra, mentre i dirigenti dello stesso ente ne guadagnano addirittura il doppio, così come i presidenti delle varie authority di stato: dall’agcom al garante della privacy a quello della concorrenza. Per non parlare delle partecipate, a livello centrale e locale. La questione riguarda anche la capacità attrattiva della pubblica amministrazione: se vogliamo uno Stato forte, capace, all’altezza delle sfide che ci attendono, non possiamo pretendere che gli stipendi siano da fame, come nel caso di molti sindaci, o comunque poco concorrenziali con i rispettivi ambiti privati. Quindi 150mila euro sono pochi se si lavora bene, sono troppi se si lavora male. Molto semplice. La differenza la dovrebbe fare come sempre la selezione ed il controllo. Solo che in tempi di populismo trasversale, da una parte si chiede più Stato, dall’altra si vorrebbe uno Stato povero, dequalificato ed incapace di stare sul mercato delle professionalità. In questa età di mezzo, Tridico è dunque vittima dunque proprio di quei partiti che lo hanno nominato. E che ora, paradosso dei paradossi, lo attaccano.
DG