L’editoriale di oggi Domenico Guarino. La rubrica va in onda tutte le mattine alle 8.10 nella trasmissione 30 Minuti su Controradio.
“Per uscire dalla fragilità servono salari minimi in tutti i paesi Europei”. Lo ha dichiarato la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen. In realtà quello che serve, in tutti i Paesi, sono salari giusti. Il rischio infatti che il minimo si trasformi immediatamente nel massimo è più che concreto. Soprattutto se non si risolve il nodo dell’enorme precarizzazione del mondo del lavoro, laddove risulta ormai acclarato, non solo nella letteratura accademica ma anche nell’evidenza pratica, che la tanto agognata e necessaria flessibilità, in una fase di stagnazione economica, se non di crisi conclamata, come quella che stiamo attraversando, abbia drammaticamente prodotto un abbassamento reale dei salari percepiti, del potere d’acquisto, ed un aumento della ricattabilità di sfere sempre più ampie della popolazione lavoratrice. Un salario equo dunque, non minimo: di questo abbiamo bisogno in Europa.
Peraltro in Italia partiremmo ben avvantaggiati, prevedendo la nostra Costituzione che al lavoratore sia corrisposto un salario adeguato e comunque bastevole a permettergli un’ “esistenza libera e dignitosa”. Per sè e per la propria Famiglia, aggiunge significativamente la Carta Costituzionale all’art. 36. Su questo articolo purtroppo nessuno sembra avere un interesse specifico. Mentre molti preferiscono scannarsi se sia meglio avere 600 o 900 parlamentari. Di fatto però se i parlamentari non hanno a cuore la legge fondamentale dello stato, che siano 20, 200 o 2000, cambia poco.