Da giovedì 13 a domenica 16 febbraio, al Teatro Fabbricone, nei panni di un buffone, folle estremista del pensiero, Valter Malosti mette in scena “Il Misantropo” di Moliere, in modo del tutto inedito e contemporaneo, esaltando il rapporto nevrotico e insano del protagonista Alceste con il mondo femminile.
“Il Misantropo” , testo del 1666 sul radicamento dell’infelicità, riletto e adattato da Malosti, insieme a Fabrizio Sinisi, diventa un testo totalmente “al presente”, dove campeggiano l’accidia, il furore, l’incapacità di vivere i sentimenti, peraltro spesso inesistenti, una sessualità esibita e vissuta come affermazione sociale, desideri sfrenati.
La storia è quella del disadattato e inquietante Alceste, che vaga in un palcoscenico-mondo che non gli assomiglia, nel quale non vuole riconoscersi, che profondamente disprezza, ma di cui non può fare a meno. Un luogo senza moralità, dove vince il più corrotto o il più cretino, nel quale, invece, si muove, come se fosse nel suo elemento, la donna che lui ama, anzi che desidera con tutto se stesso, Célimène. È lei che vive per guidare il gioco erotico dei desideri e della proterva ignoranza. Alceste non accetta tutto questo, ma non se ne può allontanare. Si risveglia alla fine, con un gesto di rivolta, seppure un po’ tardivo, quando decide di ritirarsi da quel mondo. Célimène non lo seguirà; altre donne più virtuose come Arsinoé e come Eliante vorrebbero essergli compagne, ma non fino in fondo.
Il testo viene messo a reazione con un altro grande capolavoro: quel “Don Giovanni” di cui “Il Misantropo” diventa la tavola rovesciata e complementare, l’immaginario prologo della dissoluzione. Lo spettacolo diventa così un lucido saggio sul desiderio e l’impossibilità di esaudirlo, sul conflitto tra uomo e donna, uomo e società, uomo e cosmo, una commedia tragica, venata di una forma di umorismo instabile e pericolante, in cui emergono le nevrosi, i tradimenti e i dolori di un personaggio capace di trasformare tutto il proprio disagio e la propria rabbia in una formidabile macchina filosofica, esistenziale e politica, che interroga e distrugge qualunque cosa incontri nel suo percorso.
Ma questo capolavoro è allo stesso tempo anche il dramma di un essere inadeguato alla realtà, l’allucinata tragedia di un uomo ridicolo, che si scontra con un femminile complesso e modernissimo, rappresentato dalle tre donne in scena, una sorta di misteriosa trinità – l’esplosiva Anna Della Rosa-Celimène, mangiatrice di uomini e di soldi, in total black, da mantide religiosa o tarantola velenosa, alla quale fa da contraltare l’effervescente Sara Bertelà-Arsino, capace di destreggiarsi tra morale e interesse personale, e una Eliante cantante, Roberta Lanave, lancinante e sgargiante, in scena con Edoardo Ribatto, Paolo Giangrasso, Matteo Baiardi e Marcello Spinetta.
Orari degli spettacoli: 20.45 feriali, 19.30 sabato, 16.30 domenica