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La seconda ondata seconda ondata del coronavirus sembra aver letteralmente travolto il mondo dello show biz, con particolare incidenza sui volti noti dello sport , della televisione , della politica, ed anche del giornalismo. Non passa giorno infatti che dai loro profili istagram, facebook, twitter ed altre diavolerie social, qualche personaggio più o meno famoso non ci faccia sapere, a noi e al mondo, che è positivo al covid, se ha sintomi o meno, se gli duole la pancia, dei problemi a portare fuori il cane o del mal di testa che non lo molla. Un profluvio di esibizionismo da divano domestico, che si combatte anche a colpi di comunicati dei rispettivi uffici stampa, qualora, è il caso ad esempio di Carlo Conti ieri, certe informazioni vengano distorte, enfatizzate o non capite.
Per fortuna, trattandosi mediamente di persone in buona salute, giovani o comunque non troppo in là con gli anni, il tutto si risolve in un paio di tamponi e nel mezzo qualche linea di febbre. E allora ci si chiede: perché tutto questo voler mettere in piazza un aspetto delicatissimo come la propria salute da parte di persone che, solitamente, sono attentissime allo loro privacy? Cosa ci vogliono dire i ‘famosi’?
Certo, c’è la volontà di avvertire che il virus esiste e colpisce. Cosa di cui per altro sono più o meno tutti convinti. C’è un intento dunque educativo, in qualche modo edificante. Però c’è anche molto altro. Ad esempio c’è la malsana corsa a farsi vedere su un terreno che oggi genera consenso. C’è il profondo cambiamento della comunicazione che oggi determina di portare in piazza il proprio vissuto più intimo come forma distorta di vicinanza al popolo, da cui altrimenti li separano enormi plusvalenze in termini di reddito ed opportunità. E c’è la macchina della comunicazione che vede in questo un motivo diretto o indiretto di vantaggi.
Il rischio però è una banalizzazione del dolore e della malattia. Il covid ha procurato drammatiche sofferenze a individui e famiglie. Che nel silenzio e nella compattezza hanno vissuto e vivono il loro dramma, Dovendo spesso far i conti con la lungaggini delle burocrazie e con l’imballamento del sistema. Senza contare l’impatto devastante sulle vite lavorative e scolastiche. Magari a qualcuno la spettacolarizzazione del contagio potrà far piacere. Per quanto mi riguarda ho sempre preferito la compostezza e la riservatezza. Soprattutto su aspetti così delicati.
Anche perché il sospetto è che per qualcuno il covid sia null’altro che una continuazione dello show con altri mezzi. O un metodo per seguitare a dire, signori io ci sono. Anche quando, in fondo, nessuno si sarebbe accorto della mancanza.
DG