I dati in uno studio raccolto nel volume ‘Sulla nostra pelle. Geografia culturale del tatuaggio’ (Pisa University Press, 2019), autori Paolo Macchia, docente dell’Ateneo di Pisa e Maria Elisa Nannizzi, sua allieva.
In Italia circa il 12,8% della popolazione sarebbe tatuata, per lo più adulti dai 18 ai 44
anni. Un dato in linea con la media europea che si attesta al 12%, ma ben al di sotto degli Usa dove i tatuati sono circa un terzo degli abitanti. I tatuatori italiani sarebbero poi circa
2800, per lo più al nord (quasi il 60%), segue il centro Italia, mentre al sud la presenza di queste imprese è meno di un quinto del totale. Questi i dati di uno studio raccolto nel volume ‘Sulla nostra pelle. Geografia culturale del tatuaggio’ (PisaUniversity Press, 2019), autori Paolo Macchia, docentedell’Ateneo di Pisa e Maria Elisa Nannizzi, sua allieva.
“Abbiamo cercato di capire – spiega Macchia – come il tatuaggio nelle varie epoche storiche sia stato usato peresprimere idee, concetti e opinioni per mostrare come questa forma di comunicazione sia cambiata nel tempo”, passando da emblema di ribellione o di appartenenza, marchio di infamia o segno magico ma pure accessorio di moda e simbolo di libertà. Il libro di Macchia e Nannizzi ne traccia una geografia culturale in Occidente, dalla preistoria ad oggi, con un focus sui tatuaggi tribali dei Maori della Nuova Zelanda e un’analisi storica.
Si scopre così che nella Grecia e nella Roma antiche fu utilizzato perlopiù a scopi punitivi, per marchiare fuggiaschi o prigionieri di guerra. Col Cristianesimo, che ripudiava ogni forma di marchio sul corpo, perse invece la sua importanza, sebbene nel Medioevo dove, ironia della sorte, fu particolarmente in voga fra i pellegrini. Nuova fase di popolarità e di diffusione si ebbe a partire dal Sette e Ottocento, quando il tatuaggio ritornò in Europa a seguito delle esplorazioni e delle scoperte in Estremo oriente e in Polinesia.
Più di recente il tatuaggio è diventato invece l’emblema dei grandi cambiamenti a partire dagli anni ’60 del Novecento: protagonisti in questo caso sono hippie, punk, biker fino agli
skin-head, col tatuaggio diventato un marchio fortemente politico. Discorso sé merita infine l’amplissima galleria delle personalità che hanno sfoggiato un tatuaggio: Winston Churchill
per esempio aveva un’ancora sull’avambraccio in ricordo dei tempi passati come corrispondente tra Cuba, India e Sudafrica e anche la madre, lady Churchill, aveva un piccolo serpente sul polso; lo zar Nicola II di Russia, aveva un dragone sul braccio
sinistro e Federico IX, re di Danimarca sfoggiava braccia e petto tatuati, mentre il presidente statunitense Theodore Roosevelt portava sul petto lo stemma araldico della propria famiglia.