Amici e parenti. La comunità di Certaldo si è riunita ieri nel nome di Maati Moubakir, ucciso a soli 17 anni all’uscita di una discoteca a Campi Bisenzio. E’ solo la prima di una serie di iniziative che, promette chi gli voleva bene, saranno organizzate perché la vicenda non cada nell’oblio. Rabbia e dolore in una giornata che ha contato anche le istituzioni, dal governatore Giani al sindaco di Certaldo, Giovanni Campatelli, e ha visto levarsi lanterne, palloncini, preghiere e un appello su tutto: “giustizia per Maati”.
“Accanto a una comunità come quella di Certaldo, così numerosa, abbattendo il velo di omertà – la cosa più brutta che ci possa essere – volevo essere qui a testimoniare la vicinanza e l’affetto verso Maati e verso il dramma che ha colpito lui e la sua famiglia. Vogliamo dare il segno che c’è giustizia”. Era presente anche il Presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, ieri, in Piazza Boccaccio a Certaldo per la commemorazione in ricordo del diciassettenne ucciso il 29 dicembre a Campi Bisenzio e che ha radunato oltre 300 persone.
E’ un’onda di ricordi sostenuta dalla forza comunicativa del flash bob organizzato dagli amici, lì, in prima fila, a esibire cinque cartelli, uno per ogni ferita mortale subita da Maati che, è scritto a caratteri cubitali, dovrebbe essere riparata con “Amore”, “Rispetto”, “Empatia”, “Verità”, e “Giustizia”. Parole che pulsano come il desiderio di parenti e amici di non lasciare spegnere la fiamma della positività, la stessa che – dice chi lo conosceva – riusciva sempre a trasmettere.
Sogni di vita troncati “nell’indifferenza dell’umanità intera”, replica la madre Silvia Baragatti. “Possibile che nessuno abbia visto nulla?” insiste Giani, ringraziando magistratura e carabinieri, che negli ultimi giorni hanno effettuato accertamenti sui cellulari dei fermati, Denis Mehmeti, 20 anni, Francesco Pratesi, 18, e Ismail Arouzi, 22. Davanti al giudice hanno negato ogni responsabilità diretta nell’accaduto. Al centro dell’indagine rimangono le lame, che quella notte furono distribuite come carte di un destino avverso, coltelli poi nascosti e mai trovati, a parte uno da cucina repertato sul luogo dell’aggressione, in Via Tintori.