La procura di Massa (Massa Carrara) è “colpevole non di altro che di essersi attenuta alle regole di legge e di essersi adoperata per informare sul reale, limitato ruolo di mons. Santucci; quella procura nei cui confronti sarebbe stato perciò auspicabile quantomeno un prudente, saggio silenzio”.
Lo scrive il procuratore di Massa Aldo Giubilaro, in risposta al vescovo di Massa Carrara e Pontremoli Giovanni Santucci, che il 30 novembre ha accusato la procura di aver contribuito “ad allestire nei suoi confronti una vera e propria macchina del fango”, sull’inchiesta ‘Don Euro’.
Tutto si lega all’inchiesta sull’ex parroco Luca Morini, soprannominato don Euro dai fedeli perché avrebbe utilizzato elemosine e donazioni a scopi personali, da incontri con escort a cene di lusso. Gli accertamenti della procura di Massa avevano portato anche al coinvolgimento del vescovo, rinviato a giudizio per tentata truffa e appropriazione indebita, poi prosciolto dal tribunale per mancanza di querela il 28 novembre.
A seguito di ciò monsignor Santucci ha diffuso una nota spiegando tra l’altro di provare “un sentimento di delusione nei confronti della procura” dal momento che da 3 anni “la mia persona e il mio ruolo ecclesiale sono stati senza alcun ragionevole motivo infangati e dati in pasto” ad alcuni giornali, tv e social che “non cessano di descrivermi, più o meno apertamente, come ladro e corruttore”.
Oggi Giubilaro gli esprime “la più convinta solidarietà umana per le offese alla sua persona ed al suo ruolo, in larga misura ingiustificate, che ha subito”, ma evidenzia anche come si sia trattato di una vicenda giudiziaria “da sè sola” di “rilevante interesse per l’opinione pubblica” e che “motivo di primaria importanza al rilievo sempre maggiore assunto va ravvisato prima ancora che nel procedimento penale, nella mancanza di provvedimenti da parte delle gerarchie della Chiesa nei confronti del Morini, non per nulla noto da sempre con il soprannome di don Euro; provvedimenti che avrebbero impedito che la prosecuzione delle condotte improprie del sacerdote, note da anni, assumesse dimensioni di sempre maggiore gravità e che le indagini ne evidenziassero l’immenso squallore”.
Il procuratore, aggiunge, “non ha mai dato in pasto” a giornali o tv il vescovo “come da questi con approssimazione poco encomiabile dichiarato”, evidenziando infine che il tribunale “non ha sentenziato l’assoluzione nel merito” del monsignore “ma soltanto deliberato di non doversi procedere per mancanza di querela”