Per regionali del 2015: l’ex presidente Enrico Rossi accusato di falso. Ex governatore, “Abbiamo rispettato tetto consentito”
La procura di Firenze ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ex presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, accusato di falso ideologico nell’ambito di un’inchiesta su presunte irregolarità nelle spese sostenute nella campagna elettorale per le elezioni regionali del 2015.
Chiesto il processo anche per il commercialista Luciano Bachi, in qualità di suo mandatario elettorale. L’udienza preliminare è fissata per il 20 maggio prossimo.
Per la procura, Rossi avrebbe indotto in errore il collegio regionale di garanzia elettorale presso la corte di appello di Firenze, dichiarando di aver speso circa 59.000 per la campagna elettorale, a seguito di contributi ricevuti per circa 70.000 euro, mentre in realtà avrebbe ricevuto e speso denaro ulteriore per circa 600.000 euro.
“Non viene contestato come illecito nessun finanziamento che ho ricevuto; tutti i finanziamenti che ho ricevuto sono stati verificati e su nessuno di essi è stato trovato nulla da ridire. Mi viene solo contestato di aver superato il tetto di spesa fissato per la campagna elettorale. Noi, io e il mio legale, crediamo che sia invece il calcolo della procura ad essere sbagliato. Lo abbiamo dimostrato nella nostra memoria. Quel tetto noi lo abbiamo rispettato”.
Così l’ex governatore toscano Enrico Rossi in riferimento all’inchiesta della procura di Firenze che lo vede indagato per falso ideologico nell’ambito di un’inchiesta su presunte irregolarità nelle spese sostenute nella campagna elettorale per le elezioni regionali del 2015. “Conseguentemente – prosegue Rossi – mi viene contestato anche il falso ideologico, un’accusa che viene rivolta esclusivamente a funzionari pubblici ma che non può essermi rivolta perché ovviamente ho firmato il bilancio per la campagna elettorale non da presidente ma da privato cittadino. Si tratta dunque di aspetti formali di cui si occupa il mio legale”
Secondo l’accusa, Rossi e il commercialista avrebbero dichiarato il falso per aggirare la normativa regionale che prevede un tetto massimo di circa 125.000 euro per le spese elettorali. Tesi contrastata dal difensore di Rossi, avvocato Gaetano Viciconte, che spiega come buona parte delle spese contestate a Rossi, sentito dai magistrati nel corso delle indagini, siano state sostenute prima dell’inizio della campagna elettorale. Sempre secondo la tesi della difesa, il reato ipotizzato, quello di falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atto pubblico, non potrebbe essere contestato a Rossi, poiché in quanto candidato alla presidenza della Regione non era pubblico ufficiale. Inoltre, sostiene sempre Viciconte, l’eventuale violazione del tetto di spesa comporterebbe una multa e non un illecito penale. Secondo quanto appreso in ambienti investigativi, l’inchiesta è partita da alcune conversazioni intercettate nell’ambito di un’indagine per corruzione della procura di Pisa, relativa a una presunta assegnazione di un incarico da dirigente sanitario in cambio di voti quando era in corso la campagna elettorale per le regionali nel 2015. Il processo, in corso, vede tra gli imputati Ledo Gori, che è stato capo di gabinetto di Rossi, lo psichiatra Alfredo Sbrana e il direttore sanitario dell’Asl Toscana Nord Ovest Mauro Maccari.