Sos medici, nei prossimi 5 anni ne mancheranno 11.800. Fiaso spiega: è a causa di pensionamenti anticipati o per andare nel privato. Poche new entry, eppure, al 2017, si contano oltre 15mila laureati ‘al palo’.
In Italia, nei prossimi 5 anni, mancheranno 11.800 medici. Ad oggi, abbiamo ancora più medici degli altri Paesi Ue con sistemi sanitari simili, ma da qui al 2022 tra uscite dal lavoro e numero contingentato di nuovi specialisti mancheranno 11.803 dottori, anche se si andasse ad un totale sblocco del turn over. Questo anche a causa del fatto che il 35% lascia il lavoro prima dei limiti di età, perché si prepensiona o per andare nel privato. A lanciare l’allarme è la Federazione delle aziende sanitarie pubbliche.
Un problema è anche rappresentato dal fatto che, in entrata, uno specializzando su quattro non opta per il servizio pubblico. E’ questo il quadro del fabbisogno medico in Asl e ospedali tracciato dal Laboratorio Fiaso sulle politiche del personale. Lo studio è stato presentato in occasione dell’Assemblea annuale della Federazione delle aziende sanitarie pubbliche ed è svolto su un campione rappresentativo di 91 aziende sanitarie e ospedaliere, pari al 44% dell’intero universo sanitario pubblico.
Dall’indagine emerge che un medico su tre lascia dunque per motivi diversi dal raggiunto limite di età. “Le uscite anticipate dei medici dal servizio pubblico”, spiega il presidente Fiaso Francesco Ripa di Meana, “hanno varie ragioni, come la paura dell’innovazione organizzativa e tecnologica e di veder cambiare in peggio le regole del pensionamento, oppure il dimezzamento necessario dei posti di primario, che ha finito per demotivare tanti medici a proseguire una carriera oramai senza più sbocchi”. Le carenze maggiori si registrano per igienisti, patologi clinici, internisti, chirurghi, psichiatri, nefrologi e riabilitatori.
Dalla Fiaso giungono però delle proposte per trasformare l’emergenza in “opportunità di miglioramento dei servizi”: “ciò”, asserisce Ripa di Meana, attraverso “una maggiore valorizzazione delle professioni non mediche, maggiore integrazione tra medici di base, pediatri di libera scelta e medici ospedalieri”.
“Altra proposta”, afferma, è impiegare i “medici neo laureati per la gestione dei pazienti post acuzie dopo un affiancamento con tutor esperti”. “Innovazioni”, rileva, “già in atto in molte nostre Aziende e che possono trasformare in opportunità di miglioramento dei servizi la criticità del fabbisogno di medici nel nostro Paese”.
Nei prossimi otto anni, i medici dei servizi sanitari di base “scompariranno”, mentre gli igienisti si ridurranno del 93% e i patologi clinici dell’81. Internisti, chirurghi, psichiatri, nefrologi e riabilitatori si ridurranno a loro volta di oltre la metà, anche se il maggior numero di cessazioni dal lavoro in termini assoluti si avrà tra gli anestesisti, che lasceranno in 4.715 da qui al 2025.
Il primo dato a saltare all’occhio, sottolinea la Fiaso, è il primato italiano di anzianità dei medici, che nel 51,5% dei casi hanno superato i 55 anni di età, contro il 10% del Regno Unito, il 20% o poco più di Olanda e Spagna.
Eppure “al 2017, si contano oltre 15mila laureati ‘al palo’: sono laureati in Medicina che, a seguito del numero chiuso”, dice Roberto Monaco “non sono riusciti ad ottenere nè l’accesso ad una borsa per la Specializzazione nè al corso di Medicina di famiglia. Non possono dunque entrare a pieno titolo nel Servizio sanitario e lavorare, ma solo attendere di avere accesso ad una scuola di Specializzazione o al corso”.
Questa è la denuncia all’ANSA del segretario della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo), Roberto Monaco, commentando i dati sulla stimata carenza di medici per i prossimi anni diffusi dalla Federazione delle aziende sanitarie pubbliche Fiaso. Vanno poi considerate le “migliaia di laureti in Medicina che hanno fatto ricorso al Tar per il mancato accesso alle borse: per questo”, afferma Monaco “stimiamo che in pochi anni si determinerà un’onda lunga, o meglio uno ‘tsunami’, di 36mila laureati che chiederanno di accedere alle Specializzazioni”.
Ogni anno, spiega Monaco, “i laureati in Medicina sono circa 8mila e di questi circa mille restano esclusi sia dalle Specializzazioni sia dal corso di Medicina di famiglia. Negli anni, secondo il dato aggiornato al 2017, si sono dunque ‘cumulati’ oltre 15mila laureati che attualmente sono inoccupati”.
“Si tratta”, sottolinea, di “risorse sprecate: non possono entrare al posto dei colleghi che vanno in pensione, ma solo fare qualche sostituzione o guardia medica, ma non in modo stabile. Non possono cioè entrare nel sistema a pieno titolo, mentre il Sistema sanitario ha bisogno di forze giovani”.
E’ “inammissibile”, denuncia Monaco “avere giovani laureati al palo che aspettano senza poter lavorare e, dall’altro lato, medici che a 65 anni fanno ancora le guardie notturne”.
Il punto, conclude Monaco, “è che è urgente aumentare il numero delle borse di studio per le scuole di Specializzazione ed anche quello per i corsi di Medicina di famiglia, per evitare che si crei tale spreco di risorse umane in un sistema che ha invece carenza in tal senso”.