Un viaggio nel soul cinematico più denso e sofisticato. Con il sontuoso «Horsepower for the streets» l’anglo/indiano/irlandese Jonathan Jeremiah potrebbe finalmente raggiungere il grande pubblico.
Londinese, anglo indiano per parte di padre e irlandese per parte di madre, Jonathan Jeremiah è apparso sulle scene nel 2011 ed ha già cinque album all’attivo. Artefice di un sofisticato, elegantissimo sound in bilico tra il soul contemporaneo (alla Michael Kiwanuka, per capirci), classici della tradizione black (Terry Callier e Bill Withers su tutti) e il tocco cinematografico di compositori come Lalo Schifrin o il grande John Barry, stimatissimo da colleghi e addetti ai lavori, con «Horsepower for the streets» mostra invece di avere tutte le carte in regola per arrivare al grande pubblico.
Scritto a Saint-Pierre-De-Côle, nelle vicinanze di Bordeaux, durante le pause del primo tour che lo ha portato in giro per la Francia, è stato registrato a Bethlehemkerk, una chiesa restaurata di Amsterdam, assieme ai venti elementi dell’orchestra d’archi della Amsterdam Sinfonietta. Anticipato da una manciata di singoli, il disco, sofisticato, elegantissimo, ricco di groove e riferimenti agli anni ’70 più cinematici è composto da 11 brani ed è il nostro “Disco della settimana”.