“La Comune di Parigi è stato un “fatto storico”, di quelli cioè che segnano rotture, che indicano discontinuità, che generano conseguenze” dice il prof. Angelo D’Orsi, ordinario di Storia del pensiero politico, collaboratore Micromega
“1871: 18 marzo – 28 maggio; settantuno giorni. Tanto durò il più bell’esperimento politico della storia contemporanea: un esperimento, appunto, che finì malissimo, dopo aver illuminato cuori e menti di coloro che lo conducevano e avere acceso scintille di speranza in coloro che lo seguivano a distanza. Ernesto Ragionieri, compianto storico marxista, ha definito quei settantuno giorni “il più grande avvenimento rivoluzionario della seconda metà del XIX secolo”, che, aggiungo, fu un secolo di rivoluzioni” scrive D’Orsi su su Micormega
“La Comune di Parigi è stato un “fatto storico”, di quelli cioè che segnano rotture, che indicano discontinuità, che generano conseguenze. Da essa ci giunge, intanto, la conferma che sovente la guerra, come atto tipico del capitalismo imperialista, può essere all’origine della rivoluzione: la guerra che produce sconfitta” prosegue il professore.”Nel 1871 la causa scatenante fu la disfatta di Sedan, che chiudendo la guerra franco-prussiana, mise fine alle stolte ambizioni imperiali e imperialistiche di Luigi Bonaparte, autodefinitosi Napoleone III ” .
Per D’Orsi la Comune “Fu davvero un tentativo di far nascere una democrazia dal basso, quell’“autogoverno delle masse”, di cui parlava proprio Marx. Quel pugno di uomini e donne mostrarono al mondo che in fondo bastava poco, pochi provvedimenti per disegnare un “ordine nuovo”, a cominciare dal principio che lo Stato deve assicurare assistenza alla popolazione, specialmente alle fasce deboli, e garantire sicurezza: senza elementi di coercizione, ma appunto fondando sulla solidarietà, ossia, detto con altra parola, la “fraternité” che, come tutti sappiamo, era stato una delle tre parole d’ordine della Rivoluzione del 1789, dopo “Liberté” ed “Égalité”. Ed ecco che la Comune dar vita a un sistema di aiuti pensionistici per le vedove e gli orfani di guerra, organizzare la restituzione dei beni dati allo Stato prima del 1871, dichiarare e assicurare la totale libertà di stampa, di pensiero e di associazione, e, con gesto socialistico, garantire ai lavoratori il diritto di rilevare la fabbrica dove lavoravano in caso questa fosse stata lasciata dal proprietario. Era una nuova legalità che veniva instaurata. La Comune, notò acutamente Marx, “fu l’antitesi diretta dell’Impero”.
“Meravigliosa, in verità, fu la trasformazione operata dalla Comune di Parigi! Sparita ogni traccia della Parigi meretrice del II impero! Parigi non fu più il ritrovo dei grandi proprietari fondiari inglesi, dai latifondisti assenteisti irlandesi, degli ex negrieri e loschi affaristi americani, degli ex proprietari di servi russi e dei boiardi valacchi. Non più cadaveri alla Morgue, non più rapine e scassi notturni, quasi spariti i furti. Invero, per la prima volta dopo i giorni del febbraio 1848, le vie di Parigi furono sicure e senza nessun servizio di polizia. “Non sentiamo più parlare – diceva un membro della Comune – di assassinii, furti e aggressioni. Si direbbe davvero che la polizia abbia trascinato con sé a Versailles tutti i suoi amici conservatori”. Le cocottes avevano seguito le orme dei loro protettori, gli scomparsi campioni della famiglia, della religione e sopratutto della proprietà. Al posto loro ricomparvero alla superficie le vere donne di Parigi, eroiche, nobili e devote come le donne dell’antichità. Parigi lavoratrice, pensatrice, combattente, insanguinata, raggiante nell’entusiasmo della sua iniziativa storica, quasi dimentica, nella incubazione di una nuova società, dei cannibali che erano alle sue porte!” prosegue D’Orsi. Che conclude “la risposta di Lenin, sulla base degli errori dei Comunardi, fu non la migliore possibile: fu la dittatura del proletariato, che se in Marx assumeva un significato eminentemente democratico (come esercizio del potere della stragrande maggioranza su una esigua minoranza), nella Russia bolscevica, afflitta dalla guerra civile e dall’attacco concentrico delle potenze imperialistiche, diventò la dittatura del Partito, e ben presto la dittatura di un gruppo dirigente, e infine quella di un uomo. La proposta iper-democratica della Comune si rovesciava nella tirannia di Stalin”