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Le ‘Sardine’? Sono espressione del ‘pensiero selvaggio’

La manifestazione delle 'sardine' di Bologna

Intervista con il prof. Piero Vereni, docente di antropologia all’università di Roma Tor Vergata. “Le sardine non stanno diventando tali su questa base razionale dell’agire politico, e si muovono piuttosto lungo una concezione non più moderna della politica e dell’agire politico”

“Trovo del tutto inadeguato (e a tratti bsconfortante) il modo in cui si sta cercando di spiegare o raccontare il cosiddetto movimento delle sardine perché, finora, quel che ho letto sono solo spiegazioni di ordine politico, nel senso peggiore del termine” ovvero “in chiave weberiana normativa, vale a dire come una sfera del sociale che deve staccarsi e autonomizzarsi da tutte le altre (l’economia, la religione, la parentela, le relazioni sociali, l’arte, il diritto e così via). Secondo questo principio “La politica” è l’arte di gestire la cosa pubblica per il bene comune o per il bene della propria parte, secondo forme concordate di competizione per risorse che sono concepite come limitate” dice il prof. Vereni.

Che aggiunge “Applicata al caso delle sardine, questa lettura non arriva da nessuna parte, dato che le sardine non stanno diventando tali su questa base razionale dell’agire politico, e si muovono piuttosto lungo una concezione non più moderna (chi vuole la chiami postmoderna, io preferisco parlare di concezioneclassica) della politica e dell’agire politico. Secondo questo modello classico (Lévi-Strauss parlava dipensiero selvaggio, che non è il pensiero “dei selvaggi”, ma il pensiero che si condensa secondologiche simboliche o mito-logiche) fare politica è prima di tutto, etimologicamente, dichiarare la propria provenienza, lo spazio della polis che simbolicamente si occupa come “noi”, contrapposto a “loro”.

Lo abbiamo intervistato

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