La rubrica a cura di Domenico Guarino va in onda tutte le mattine alle 8.10 nella trasmissione 30 Minuti su Controradio. Per leggere ed ascoltare tutti i ‘caffè’ vai QUI
Immaginate di essere in una baia stupenda ed immensa, con acque cristalline, solo che poi immergendovi, scoprite -o meglio non lo scoprite perché nemmeno ve ne rendete in quanto il meccanismo illusorio è costruito alla perfezione- che di quella meraviglia della natura potete godere una porzione infinitesimale, mentre tutto il resto vi viene precluso. Ecco, quello che google fa con la nostra esperienza del mondo on line è esattamente questo: ci porta dove vuole lui facendoci cedere che in fondo siamo noi a scegliere. E facendo questo non solo guadagna trilioni di dollari, ma costruisce la nostra cultura e dunque anche la nostra visione del mondo con tutto quello che ne consegue.
Ora l’antitrust di degli Stati Uniti vuole scardinare questo meccanismo intentando un’offensiva legale contro il re dei motori di ricerca, accusato di aver creato un un monopolio illegale, di aver soffocato la concorrenza, soprattutto attraverso accordi miliardari con i produttori di computer e di smartphone, di aver “blindato” le nostre ricerche su Internet, ed impedito l’innovazione.
Il colosso di San Francisco si difende sostenendo che tutto avviene per libera scelta dell’utente, e che tutte le attività di promozione solo legali.
Al netto delle ipotesi di speculazione politica, relative al fatto che tra poco negli Stati Uniti si vota, la battaglia legale ci dice tre cose. La prima è una constatazione amara: tutti i giganti dell’hi tech e dell’ e commerce, nati per capovolgere e liberalizzare il sistema, sono nel frattempo diventati di fatto i peggiori monopolisti, utilizzando su una scala inusitata gli stesi metodi di quelli che erano i loro odiati competitor.
La seconda è il paradosso del Paese che ha imposto al mondo, anche con le armi ,convenzionali o meno, il modello del ibero mercato, dimostra di aver costruito un mercato tutt’altro che libero.
La terza, ben ben più sostanziale è che mentre la virtualità, anche grazie alle vicende covid, diventa parte sempre più integrante delle nostre vite, non esiste ancora una legislazione ed una giurisprudenza all’altezza della sfida e degli interessi che abbiamo di fronte. A nessuno infatti sarebbe permesso di comprare tutte le strade di una città e di indirizzare pedoni ed auto a proprio piacimento, a Google ad Amazon, a Facebook etc etc si. E’ ora di correre ai ripari, prima che sia troppo tardi.
DG