Mar 24 Dic 2024
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ToscanaCronacaLivorno, gettò uomo in mare, arrestato comandante barca

Livorno, gettò uomo in mare, arrestato comandante barca

Il comandante aveva spinto in mare un uomo che lavorava irregolarmente sul suo peschereccio, ed in seguito lo avrebbe minacciato per non testimoniare alla capitaneria

Violenza privata, violenza o minaccia per costringere a commettere un reato e sfruttamento del lavoro (cosiddetto caporalato). Questi i reati che la procura di Livorno ha contestato ad un 46enne livornese, Andrea Caroti, comandante di un peschereccio della marineria locale, “Gionatan”, arrestato questa mattina dai carabinieri del comando provinciale e dalla guardia costiera di Livorno. I militari dei due comandi hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del tribunale di Livorno, su richiesta del pm, Fiorenza Marrara, a conclusione di un’indagine partita da un salvataggio nelle acque del Calambrone, avvenuto l’8 giugno del 2016, di un cittadino senegalese.

L’uomo, salvato da un bagnino, raccontò che per paura di un controllo della guardia costiera che in quel momento stava effettuando verifiche, il comandante di un peschereccio, per il quale lavorava in maniera irregolare, lo aveva spinto in mare. Dopodiché, il cittadino extracomunitario aveva fatto perdere le proprie tracce. Le iniziali indagini, condotte dalla guardia costiera, hanno consentito di riscontrare le dichiarazioni del senegalese e grazie ai successivi accertamenti di identificare il responsabile del gesto. Secondo quanto accertato, nei giorni successivi il 46enne, avendo saputo che il cittadino senegalese era stato convocato dalla capitaneria per rilasciare dichiarazioni su quanto accaduto, lo avrebbe minacciato per costringerlo a non dire la verità. Da ulteriori indagini, affidate al nucleo investigativo dei carabinieri e dalla guardia costiera, è emerso un quadro probatorio a carico dell’indagato che dimostrava – affermano i militari – come il comandante del peschereccio, per gli interessi della propria attività di pesca professionale, “avesse posto in essere uno sfruttamento continuo, non solo del senegalese, ma anche di altri cittadini extracomunitari per lo svolgimento di varie mansioni a bordo dell’imbarcazione”.

Persone che avendo necessità di lavorare venivano costrette a turni massacranti, spiegano ancora i carabinieri, per un compenso di 10 euro a volta ed una modesta quantità di pesce, offesi ripetutamente quando non eseguivano a dovere gli ordini.