Sversavano liquami prelevati da spurghi e da pozzi neri nella rete fognaria invece che in impianti di smaltimento: 10 gli indagati, tutti denunciati dalla guardia di finanza di Livorno per aver organizzato mediante due società il traffico illecito di rifiuti.
Tra questi tre persone di 54, 50 e 45 anni sono finite agli arresti domiciliari su ordinanza del gip di Firenze. Nel blitz della Guardia di Finanza di Livorno e Castiglioncello con l’ausilio di Arpat, su delega della Dda di Firenze, per smantellare il sistema di gestione illegale di rifiuti e di connessa evasione fiscale in Alta Maremma, sono stati sequestrati un impianto aziendale e 340.000 euro considerati risparmio illecito derivante dall’attività delittuosa.
Le indagini svolte sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura di Firenze ed eseguite dai finanzieri di Livorno anche con video-intercettazioni e localizzatori di precisione, hanno permesso di comprovare in soli tre mesi 143 sversamenti direttamente nella rete fognaria sotterranea pubblica, effettuati mediante l’apertura del tombino a essa collegato all’interno del piazzale di una delle due aziende.
Sono state quantificate 5.600 tonnellate di rifiuti complessivamente sversati in tre anni, con l’ottenimento dei 340.000 euro di illecito risparmio prodotto per effetto del mancato smaltimento presso impianti autorizzati.
Lo sviluppo delle indagini tecniche della GDF di Livorno ha inoltre permesso di dimostrare come la società – all’interno di un’area preposta a regolare discarica, gestita da una seconda società sempre di gestione di rifiuti – abbia eseguito numerose operazioni di smaltimento illecito di fango di percolato che da appositi silos di contenimento veniva incredibilmente sversato sul fronte della medesima discarica anziché smaltito con maggiori spese presso impianti autorizzati.
In base inoltre a una preliminare ricostruzione dei finanzieri di Livorno relativa a una delle due società di gestione di rifiuti, il raffronto tra le prestazioni di spurgo eseguite e quantificate per mezzo delle indagini tecniche e le fatture emesse e indicate nel sistema della fatturazione elettronica ha permesso di appurare che la ditta incassava “in nero” due prestazioni di spurgo su tre, con una mancata dichiarazione di ricavi, conseguiti in tre anni, stimata in oltre 1 milione di euro più Iva.