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🎧 Attesi esiti autopsia sul corpo di Maati Moubakir, accoltellato prima di salire sull’autobus

Proseguono le indagini nel caso Maati Moubakir, il ragazzo accoltellato a Campi Bisenzio e di cui, oggi, presso l’Istituto di Medicina Legale di Firenze, si tiene l’esame autoptico. Da un prima ricostruzione, emerge che il diciassettenne stava per salire sul bus che lo avrebbe portato alla Stazione di SMN da cui partiva il treno per Certaldo, il paese dove risiedeva con la madre, la nonna e la sorella. Ancora sconosciuto il movente dell’aggressione. 

2 gennaio. Era la data fissata sul calendario dalla Procura per i rilievi necroscopici sul corpo martoriato di Maati Moubakir, il ragazzo di 17 anni finito accoltellato dopo una serata in discoteca a Campi Bisenzio. Sarà Susanna Gamba, medico legale dell’istituto fiorentino, a cercare risposte in quelle ferite mortali, almeno cinque, inferte tra il rachide lombare, lo sterno e il volto. Una violenza inaudita di cui rimane ancora oscuro il movente, anche se con i primi avvisi di garanzia a carico di due giovani ventenni, italiani di seconda generazione, non sottoposti a fermo, gli inquirenti si dicono più vicini alla verità.

I ragazzi, uno nato a Prato e l’altro a Firenze, potrebbero essere centrali nella risoluzione del caso su cui stanno indagando i Carabinieri di Signa insieme con il nucleo investigativo di Borgo Ognissanti, coordinati dal pm Antonio Natale. Alcuni elementi indiziari sono stati acquisiti dalle videocamere sul bus della linea 30 di Autolinee Toscane, quello che avrebbe dovuto prendere Maati per tornare verso Certaldo, e su cui non ha fatto in tempo a salire.

Nel buco temporale tra le tre e le cinque e mezzo del mattino, quando è stato ritrovato esanime in Via Tintori, è in questo spazio che si è consumata l’aggressione, forse da parte di un gruppo di 4 ragazzi ben visibili nei video e su cui le ricerche si stanno concentrando.

Un ultimo sopralluogo dei Carabinieri ha fatto emergere anche un palo divelto di un cartello stradale, difficile a dire se sia stata un’arma per difendersi o per attaccare. Rimane quel “Perdonaci tutti”, scritto in uno dei tanti biglietti lasciati sul freddo cemento del luogo in cui ha perso la vita Maati Moubakir.