Studiare gli effetti della gravità alterata sui processi biologici, come accade agli astronauti quando stanno a lungo nello spazio, e capire come porvi rimedio contrastando l’aumento di produzione di radicali liberi responsabili dell’invecchiamento cellulare.
E’ l’obiettivo di un progetto internazionale di cui l’Università di Pisa è partner insieme all’Agenzia spaziale europea e un team di studiosi dell’Istituto italiano di tecnologia, del Cnr di Marsiglia e dell’Università di Amsterdam.
“Lo studio – spiega Alessandra Salvetti del dipartimento di medicina clinica e sperimentale di Pisa – contribuirà alla comprensione dei meccanismi alla base dello stress ossidativo e alla possibile prevenzione del danno a cui sono sottoposti gli astronauti durante i viaggi spaziali, ma più in generale potrebbe avere importanti ricadute in ambito biomedico, poiché si tratta degli stessi meccanismi che contribuiscono all’insorgenza di molte patologie degenerative come la distrofia muscolare”.
Gli esperimenti vengono condotti in condizioni di microgravità e di ipergravità su planarie, vermi di pochi millimetri con un corpo piatto che rappresentano un organismo modello molto studiato dagli scienziati per le loro considerevoli capacità rigenerative.
“La nostra equipe – conclude Salvetti – sta cercando di capire come contrastare l’invecchiamento cellulare utilizzando le nanoparticelle di ceria, cioè ceramiche biocompatibili dall’eccezionale capacità antiossidante e autorigenerante, in grado di contrastare l’insorgenza di radicali liberi”.