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Mano robot soccorritore Nasa ha sensori italiani

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Ha sensori italiani una delle mani di Robosimian, il robot del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa in grado di camminare sia su due zampe che su quattro, specializzato in operazioni di soccorsi in caso di incidenti e catastrofi.

Una delle sue mani hi-tech adesso, con un sensore in fribra ottica realizzato nell’ambito del progetto Parloma, riesce ad afferrare oggetti anche delicati senza distruggerli o farli cadere.
Ciò è possibile grazie alla ricerca, pubblicata sulla rivista Frontiers in Neurorobotics, e condotta da Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Jpl, con la collaborazione di Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) e Università Cà Foscari di Venezia.
“Presentiamo la progettazione e lo sviluppo di una mano artificiale sensorizzata per il controllo e la percezione delle proprietà fisiche degli oggetti manipolati”, ha detto il primo autore della ricerca, Luca Massari, dottorando di ricerca del Neuro-Robotic Touch Lab dell’Istituto di BioRobotica della Scuola Sant’Anna e borsista dell’Università Ca’ Foscari.
“Abbiamo dimostrato – ha proseguito Massari – che la mano robotica è in grado sia di rilevare con precisione dimensioni e consistenza dei materiali toccati, sia di afferrare oggetti fragili senza romperli o farli scivolare, sia di adattare dinamicamente la posizione delle dita robotiche durante la manipolazione di oggetti che cambiano volume”.
Anche per Kalind Carpenter, del Jpl, “RoboSimian è un robot capace di intervenire in situazioni di emergenza ed è progettato per assolvere a due funzioni: sollevare oggetti pesanti e interagire con il mondo umano. La mano sensorizzata permette un controllo più efficace degli oggetti e un’interazione più sviluppata”.
Il prossimo passo sarà integrare la mano artificiale sensorizzata in un braccio robotico, ha detto Calogero Oddo, che ha coordinato lo studio con Carpenter. “Sperimenteremo il sensore tattile sviluppato – ha concluso – in diversi scenari operativi, dalla robotica medica e assistiva all’Industria 4.0”.
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