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Moby Prince: familiari vittime fanno causa allo Stato

Una causa civile contro lo Stato ritenuto responsabile, attraverso le sue articolazioni periferiche, della morte a bordo del traghetto Moby Prince, nella tragica notte del 10 aprile 1991 quando dopo la collisione con la petroliera Agip Abruzzo nella rada livornese a bordo della nave passeggeri morirono 140 persone.

Lo hanno deciso un nutrito gruppo di familiari delle vittime che ha affidato a un pool di avvocati l’incarico di promuovere l’azione legale. L’ipotesi su cui hanno lavorato i legali (Paolo Carrozza di Pisa, Paola Bernardo e Stefano Taddia del foro di Livorno, Sabrina Peron e Ugo Milazzo di Milano), spiega una nota, “è basata su alcune precedenti sentenze relative al giudizio promosso dai familiari delle vittime della strage di Ustica, si fonda sulla violazione dell’obbligo della amministrazione competente di garantire la sicurezza in mare, soprattutto in relazione al traffico che si verifica all’interno dei porti”. Saranno citati in giudizio i ministeri delle Infrastrutture e dei trasporti, della Difesa e la presidenza del Consiglio.

La citazione, spiega il pool di avvocati, parte da alcuni “punti fermi fissati per la prima volta proprio dalla commissione parlamentare d’inchiesta, quali la posizione della petroliera in area vietata all’ancoraggio e la sopravvivenza a bordo del traghetto”. “Sosterremo – spiegano i legali – la responsabilità del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per non avere garantito la sicurezza della navigazione nella rada del porto di Livorno, creando e/o non rimuovendo la situazione di pericolo, rivelatasi decisiva nella collisione tra la petroliera Agip Abruzzo ed il traghetto Moby Prince, nonché il colpevole e gravissimo ritardo con il quale venne individuato il traghetto e vennero approntati allo stesso i soccorsi. In altre parole, al di là della ricostruzione dell’evento, si contesta che se l’amministrazione avesse adempiuto ai propri obblighi, l’evento non si sarebbe verificato o quantomeno avrebbe avuto consegue meno gravi considerando che nessun soccorso fu portato alla nave passeggeri e che sono emerse prove evidenti di una prolungata sopravvivenza a bordo”.

I 28 anni trascorsi in attesa di una verità giudiziaria, concludono gli avvocati, “non potrà essere considerato preclusivo della possibilità di esercitare i diritti dei familiari delle vittime, tenuto conto che solo con la pubblicazione della relazione della Commissione i danneggiati sono stati messi nella condizione di fare valere le loro pretese”. “Fu una strage, secondo l’accezione comune del termine, e come tale può ancora essere perseguita, a 28 anni di distanza, per punirne gli eventuali responsabili”. E’ la tesi sostenuta dall’avvocato Carlo Alberto Melis Costa, che tutela tutti i familiari delle vittime iscritti alle due associazioni che li raccolgono, la 10 aprile e la Moby Prince 140, nell’esposto depositato ieri alla procura di Livorno e nel quale si ipotizza il reato di omicidio plurimo aggravato con dolo eventuale.
Citando le conclusioni della commissione parlamentare d’inchiesta e mettendo in fila alcune condotte degli armatori e dell’equipaggio della petroliera Agip Abruzzo, Melis Costa sottolinea che “si ha dolo eventuale allorquando l’agente, ponendo in essere una condotta diretta ad altri scopi, si rappresenti la concreta possibilità del verificarsi di una diversa conseguenza della propria condotta e, ciononostante, agisca accettando il rischio di realizzazione dell’evento accessorio allo scopo perseguito in via primaria”. Inoltre, secondo il legale “se risultasse che il contegno omissivo dei soggetti coinvolti fosse stato del tutto cosciente, il dolo, da eventuale, potrebbe divenire diretto”.

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