Site icon www.controradio.it

Montepulciano presenta Cantiere Internazionale d’Arte

A Montepulciano, all’interno del Cantiere Internazionale d’Arte si colloca uno spettacolo di prosa, danza, musica, ispirato a Calderon, “noi portiamo il teatro tra la gente comune, per strada, e agiamo il nostro ruolo di attori che mettono in scena la propria vita”.

Mentre sul palco nella spettacolare Piazza Grande un gruppo di giovani ballerini prova i passi e le coreografie dello spettacolo di danza a cura di Azzurra Di Meco con tre scuole di balletto (Adama Dance Company, Accademia Nazionale di Danza, Associazione Nazionale Danzatori), fissato per domani sera con Roland Boer alla guida dell’Orchestra dei giovani del College di musica di Manchester, come sempre accade nei giorni del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, nella parte bassa della cittadina, aspettando il concerto di mezzanotte ‘Brass & Percussion’ diretto da Nicholas Thompson, praticamente sotto la torre di Pulcinella, prende vita lo spettacolo di strada ‘Il gran mondo del teatro’ del Theatre en Vol sardo creato da Maria Paola Cordella e ispirato all’opera di Calderon de la Barca.

Si ribalta il titolo del grande autore barocco spagnolo ‘Il gran teatro del mondo’ per giocare sempre sulle parti che ognuno si trova a recitare nella vita, nel mondo di cui il teatro è metafora.

“Se il senso di Calderon è portare la gente comune in teatro a recitare il proprio ruolo nello spazio di una vita che dura dall’entrata in scena all’uscita da una quinta, noi portiamo il teatro tra la gente comune, per strada, e agiamo il nostro ruolo di attori che mettono in scena la propria vita”, spiega la Cordella che propone un lavoro musicale, danzato e recitato, di gran movimento e ritmo sulla difficoltà, l’impossibilità di costruire uno spettacolo con una compagnia improvvisata, con un testo inafferrabile e poco tempo per provare, perché si è subito nel mezzo del palcoscenico, di una via o una piazza e il regista-demiurgo è maldestro, litiga, si perde i fogli del copione che volano via ovunque e, raccolti, vengono dati agli spettatori.

Lavorano insieme gli attori della compagnia con alcune bravi danzatrici reclutate qui in Toscana e un gruppo di bei ragazzi di colore, rifugiati richiedenti asilo ospitati a Cetona, che, in questo caso, daranno una loro impronta precisa alla serata. Esplorano, agiscono, danzano, si guardano attorno, lottano con colleghi bianchi, sino a un collettivo finale con tutti aggrappati a una macchina per volare dalle ali leonardesche, intonando un dolce, intenso canto africano.

Al centro due attori, un uomo e una donna, che lanciati in scena, sbagliano attacchi, credono di essere a Montalcino invece che a Montepulciano, si sperticano in salamelecchi finché vengono scacciati, perché hanno sbagliato tempi e entrata, lì come nella vita. Gli stessi più tardi in panni da gran signori vestiranno abiti barocchi sontuosi realizzati da Claudia Spina richiamando Calderon, il gioco dell’apparire, dell’ostentare un ruolo, come le vanità del mondo, per poi magari spogliarsene e morire, interagendo con una gran macchina barocca.

Tutto lo spazio è infatti contornato da queste macchine celibi costruite da Puccio Savioli, molte con qualche nota antropomorfa, che si illuminano, si accendono, o come quella centrale fanno fuoco e scintille. Le musiche originali sono di Dominga Giannone, che suona dal vivo, unendosi agli altri, la tromba.

Come la vita, un po’ di confusione, ma coordinata e agita da tutti in una sintonia corale, spesso danzando, per rappresentare situazioni e immagini il cui senso è essenzialmente visivo e lasciato all’impressione di ognuno, così che ogni tanto ci sono anche applausi a scena aperta sino agli ultimi molto calorosi.

Uno spettacolo che, negli anni del terrorismo, sottolinea la stessa compagnia, non vuole smettere di pensare le piazze come luogo d’incontro, vita e confronto e il Cantiere lo ha aiutato a nascere per farlo girare per varie cittadine della Valdichiana.

Venerdì, per l’ultimo spettacolo di prosa (ma al Cantiere di Montepulciano sempre anche con musiche) si torna in teatro, al Poliziano, dove va in scena ‘Conversation pieces’, drammaturgia e regia di Marco Filiberti ispirata a ‘Cain’ e ‘Manfred’ di Byron, personaggi prometeici che, spiega l’autore, scelgono consapevolmente la dannazione, piuttosto che conformarsi a quell’omologazione di pensiero e spirito che il poeta inglese avvertiva come “la più grave minaccia antropologica del’occidente capitalista”.

Exit mobile version