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Morì cadendo da balcone: a giudizio due giovani

Per accusa ragazza stava scappando a un tentativo di violenza.

Rinvio a giudizio per i due ventiseienni aretini imputati del reato di morte come conseguenza di altro delitto in relazione al decesso di Martina Rossi, la ventenne studentessa genovese deceduta dopo essere precipitata dal balcone del sesto piano dell’hotel Sant’Ana a Palma de Majorca il 3 agosto 2011. Per l’accusa la ragazza stava
fuggendo a un tentativo di violenza sessuale da parte dei due 26enni, Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni, di Castiglion Fibocchi (Arezzo). La prima udienza è stata fissata per il 13 febbraio 2018.

La decisione del gup è arrivata questo pomeriggio con un lungo e articolato pronunciamento davanti ai legali e ai genitori di Martina Rossi presenti in aula. Il caso di Martina Rossi era stato archiviato in Spagna come suicidio, venendo poi riaperto in Italia a Genova, con procedimento poi trasferito ad Arezzo per competenza: quando un reato avviene all’estero è competente la procura del territorio dove risiede l’imputato.

Il gup ha accolto la tesi del procuratore di Arezzo Roberto Rossi, ovvero che la ragazza sarebbe morta precipitando dal balcone della stanza dei due ragazzi aretini tentando di sfuggire al tentativo di violenza.

“Il rinvio a giudizio permette di recuperare una mancanza grave emersa dal comportamento inconcepibile della Spagna ma anche di tutti coloro che erano con Martina che hanno nascosto la verità anche con atti volontari, verità che era macroscopica. Mi chiedo come ciò sia potuto accadere in un continente come l’Europa, per suo papà ma
anche sopratutto per la sua mamma”. E’ il commento, tra le lacrime, di Bruno Rossi, padre di Martina, all’uscita del tribunale di Arezzo dopo la decisione del gup Piergiorgio Ponticelli di rinviare a giudizio Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi in relazione al decesso della figlia. Morte come conseguenza di altro delitto ovvero un presunto tentativo di violenza su Martina il reato contestato.

“Voglio sottolineare il gran lavoro delle procure di Genova ed Arezzo che ha permesso di arrivare fino al processo” ha detto Stefano Savi, uno dei legali della famiglia.

“E’ fondamentale che sia stato riconosciuto il diritto ad un processo” ha aggiunto l’altro avvocato della famiglia, Luca Fanfani.

“Il processo ci permetterà di dimostrare questa verità” le parole invece di uno dei legali della difesa, Stefano Buricchi.

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