Roma, rese note le motivazioni della sentenza, arrivata due anni dopo la condanna disciplinare di Creazzo per quegli abusi (alla perdita di due mesi di anzianità) che a febbraio aveva suscitato un vespaio di polemiche, soprattutto da parte di chi aveva visto un pessimo segnale per le donne vittime di violenza, colpevolizzate per non aver denunciato. Critiche erano arrivate anche dal governo.
Secondo i giudici la vittima delle molestie avrebbe dovuto denunciare e non praticare una “giustizia fai da te”, tentando, tramite l’amico e compagno di corrente Luca Palamara, di condizionare i consiglieri del Csm e spingerli a votare contro la nomina a procuratore di Roma di Giuseppe Creazzo, che quattro anni prima l’aveva molestata sessualmente.
È per questo che la Sezione disciplinare del Csm ha condannato la pm di Palermo Alessia Sinatra alla sanzione della censura per aver tenuto un comportamento “gravemente scorretto” nei confronti di Creazzo, all’epoca procuratore di Firenze.
È surreale che una magistrata ha ricevuto dal Csm una sanzione disciplinare per essersi sfogata, con un altro magistrato tramite sms privato, per una molestia subita” aveva commentato la ministra Roccella.
Al centro del processo c’erano proprio gli sms che Sinatra aveva inviato a Palamara quando Creazzo era in corsa per la procura di Roma (“giurami che il porco cade subito”, “il mio gruppo non lo deve votare”).
Sinatra aveva spiegato che il suo ero lo sfogo personale con un amico a cui manifestava l’indignazione per la possibilità che l’uomo che le aveva causato tanta sofferenza (ma Creazzo ha sempre negato quegli abusi) continuasse a far carriera, nella ricerca di una “privatissima rivincita esclusivamente morale”.
Ma le cose non stanno così per i giudici disciplinari: il tenore di quei messaggi – scrivono nella sentenza firmata da una donna, la laica di FdI Rosanna Natoli – è “sintomatico dell’intesa” tra i due interlocutori decisi a “condizionare negativamente, attraverso impropri canali di stretta appartenenza correntizia, i componenti del Csm, nella votazione”.
C’è di certo la “ferma volontà” di Sinatra di “condizionare negativamente” i consiglieri del Csm, “tentando di interferire” nella loro attività, una condotta che “costituisce una grave violazione del dovere di correttezza e di equilibrio”. E agire come ha fatto lei per ottenere “una riparazione per l’abuso pur grave subito”, sottolinea la sentenza, si traduce in una “giustizia privata inammissibile per qualunque cittadino e ancor di più se chi vi fa ricorso è un magistrato”.
È una sentenza “unilaterale nella prospettazione giuridica e storica”, “carente nella motivazione” e “illogica”, ma che soprattutto “rimarca l’incolmabile distanza rispetto al sentire comune della società civile ed allontana il Csm dalla sensibilità e solidarietà nei confronti di donne abusate”, commenta il difensore della Pm Mario Serio che si prepara a presentare il ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione.