L’intervento di restauro del dipinto di Bartolomeo della Gatta ha restituito all’opera i suoi colori originali insieme alla luminosità. Donato dai mecenati Mary Mochary e Donato Massaro attraverso la Fondazione Friends of Florence, è stato restaurato da Valeria Cocchetti e Daniele Ciappi sotto la supervisione della Soprintendenza.
Il dipinto coincide con quello descritto da Giorgio Vasari nella vita di Bartolomeo della Gatta, che lo aveva eseguito per la chiesa servita di San Pier Piccolo ad Arezzo presumibilmente dopo che, tra il 1485 e il 1486, la peste aveva nuovamente colpito la città. A questa data il maestro era da poco tornato ad Arezzo, forte dell’esperienza maturata nel cantiere romano della cappella Sistina. Il dipinto rimase nel convento fino al 1860, purtroppo gravemente danneggiato dalle soldatesche che l’anno precedente erano state lì alloggiate. Sommariamente ricomposto e pervenuto sul mercato antiquario, fu acquistato da Herbert Horne nel 1909 e sottoposto a interventi di restauro nel 1928 e nel 1963 che tuttavia, a causa delle ampie ridipinture e di inadeguati interventi al supporto, portarono vari studiosi a negare l’identificazione con l’opera citata dal Vasari.
Oggi, grazie alla puntuale ricostruzione delle testimonianze documentarie, all’acquisizione di una serie di fotografie storiche che documentano i progressivi interventi e, soprattutto, grazie alla restituzione della sua leggibilità, può finalmente essere con sicurezza identificato con la tavola ammirata dal Vasari. L’opera potrà tornare esposta al Museo Horne.
Il “San Rocco” di Bartolomeo della Gatta è un dipinto su tavola cuspidata dove il santo spicca in primo piano con dimensioni prossime al reale. L’opera ha subìto nel tempo numerose vicissitudini legate sia a vicende storiche che a problemi intrinseci alla tecnica esecutiva, arrivando ai giorni nostri in precario stato di conservazione. I problemi principali erano dovuti ai movimenti del supporto ligneo, che avevano provocato il sollevamento e la perdita di numerose porzioni di colore originale: già nel passato si era cercato di provvedere al degrado ridipingendo le mancanze e apponendo sul retro una pesante traversatura fissa in ferro. Questo intervento, oltre che non risolutivo, è risultato nel tempo ulteriormente deleterio bloccando i naturali movimenti del legno e comprimendo il soprastante colore originale. Il dipinto è perciò giunto ai giorni nostri con ulteriori perdite di colore e sollevamenti diffusi su tutta la superficie pittorica. L’attuale intervento di restauro ha previsto la rimozione della traversatura in ferro, sostituita con un sistema di tre traverse a giunti elastici in grado di sostenere, ma anche assecondare i naturali assestamenti del supporto ligneo. L’intervento ha portato anche al recupero della corretta planarità superficiale: il legno ha infatti ripreso la sua naturale curvatura con grande vantaggio per film pittorico. E’ stato quindi possibile procedere con il consolidamento dei sollevamenti e la messa in sicurezza del colore originale.
Per quanto riguarda l’intervento di pulitura si è proceduto adottando il criterio di minimo intervento: le vicissitudini subìte dal colore originale non garantivano il corretto recupero dell’immagine pittorica, ormai storicizzata, suggerendo invece una pulitura di tipo superficiale, mirata alla valorizzazione dell’insieme. Le perdite di colore sono state quindi integrate pittoricamente e le precedenti ridipinture, alcune delle quali alterate, sono state recuperate cromaticamente equilibrandole al livello di lettura acquisito. Non si è trattato quindi di un restauro di rivelazione, ma un intervento focalizzato sul recupero delle migliori condizioni di stabilità e conservazione volte alla fruizione futura dell’immagine dipinta.