Sono 14 le persone per le quali il gip, su richiesta della Dda di Firenze, ha emesso la misura di custodia cautelare: per 11 in carcere, per altri 3 agli arresti. Nei provvedimenti restrittivi emessi dalla Dda di Firenze si contestano ai destinatari il riciclaggio ed il reimpiego nel tessuto economico toscano dei proventi illeciti conseguiti dall’organizzazione criminale.
L’inchiesta ‘Vello d’Oro’ della Dda e dei Comandi provinciali dei carabinieri e della Gdf di Firenze, che stamani ha portato all’arresto di 14 persone in Toscana e in Calabria, ha svelato meccanismi di riciclaggio di capitali ‘sporchi’ di cosche della ‘ndrangheta della provincia di Reggio Calabria con imprese del distretto del cuoio, nelle zone di Fucecchio e Santa Croce sull’Arno. Secondo le indagini si tratta di società conciarie sane i cui imprenditori avrebbero preso accordi con esponenti in Toscana della ‘ndrangheta per rafforzare la liquidità e per ottenere vantaggi sull’Iva tramite il pagamento di false fatture per operazioni commerciali inesistenti. Il denaro ottenuto dagli esponenti della ‘ndrangheta in Toscana sarebbe provento di illecito e veniva rimborsato a un tasso usurario medio del 9,5%. L’inchiesta ‘Vello d’Oro’ indaga dieci imprenditori toscani di cui sei messi agli arresti dal gip Paola Belsito. “Il quadro è preoccupante sia in Toscana sia in altre regioni del Centro-Nord – ha commentato il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho – La ‘ndrangheta si presenta agli imprenditori apparentemente onesti con il miraggio di procurare guadagni migliori e di far raggiungere loro obiettivi più alti. Abbiamo il dovere di fare attenzione all’apertura di queste presunte ricchezze in un momento come quello attuale dove le imprese faticano ad andare avanti”.
Il gip di Firenze Paola Belsito nell’inchiesta ‘Vello d’Oro’ della Dda toscana ha disposto il sequestro preventivo di 12 società, di cui 7 con sede all’estero, e sospettate di essere controllate dalla ‘ndrangheta. Queste sono società con sedi in Slovenia, Gran Bretagna, Austria, Croazia e Romania. Sequestrati numerosi conti correnti bancari. Le indagini hanno evidenziato che gli esponenti della ‘ndrangheta attivi in Toscana andavano a prendere in Slovenia, presso una banca locale, il denaro oggetto del riciclaggio da svolgere in Toscana in collaborazione con aziende del distretto del cuoio. Secondo quanto emerge, il denaro veniva dato alle aziende ‘sane’ che poi lo avrebbero restituito maggiorato di un tasso usurario con pagamento di false fatture, in particolare per la finta fornitura di pellami, fittiziamente pattuita con un imprenditore calabrese in Toscana.
I reati contestati, a vario titolo, sono associazione per delinquere, estorsione, sequestro di persona, usura, riciclaggio e autoriciclaggio, attività finanziaria abusiva, trasferimento fraudolento di valori, aggravati dal metodo mafioso. Contemporaneamente all’operazione condotta da carabinieri e guardia di finanza di Firenze, su ordine della Dda di Reggio Calabria, secondo quanto si spiega in una nota degli investigatori, sono in esecuzione ulteriori provvedimenti restrittivi e di sequestro per plurime condotte illecite, tra le quali l’associazione mafiosa.
In questa inchiesta della Dda di Firenze appare “un sistema economico, complice e consapevole, che trae dei propri utili. In questo caso abbiamo una ‘ndrangheta che non ha bisogno di usare violenza e di esercitare intimidazioni perchè assorbe la parte dell’economia legale attraverso il sistema del guadagno, il sistema delle false fatturazioni”. Lo ha detto il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho nella conferenza stampa di Firenze in cui sono state illustrare le due operazioni contro la ‘ndrangheta ‘Vello d’Oro’ della Dda di Firenze e ‘Martingala’ della Dda di Reggio Calabria. “Sistemi che consentono alla stessa ‘ndrangheta – ha proseguito Cafiero de Raho – di coprire le proprie ricchezze che provengono da traffici illeciti”.
“Le cosche che operano sia sul mandamento jonico, sia quello tirrenico che nella città di Reggio Calabria, operano tramite accordi economici che consentono loro di fare affari, come dimostrano queste inchieste con meccanismi societari che consentono di ottenere ulteriori guadagni e che si avvalgono di società costituite all’estero”. Lo ha evidenziato il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho parlando con i giornalisti dopo la conferenza stampa tenuta a Firenze in cui sono state presentate le inchiesta ‘Vello d’Oro’ e ‘Martingala’ che hanno svelato meccanismi di riciclaggio in Italia e i Paesi esteri da parte delle cosche della provincia di Reggio Calabria. Secondo quanto spiegato dagli inquirenti, per il riciclaggio dei proventi illeciti le stesse cosche reggine avrebbero affidato il ruolo di regista delle movimentazioni finanziarie ad Antonio Scimone, capace di gestire ingenti quantità di denaro contante in particolare per conto delle famiglie ‘ndranghetiste dei Nirta e dei Barbaro, operativi sul litorale jonico del provincia reggina.