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🎧 Crollo a Firenze: non è stato il cemento ma la distruzione di un modello sociale ed economico

crollo

A due giorni dal crollo, mentre l’ultimo operaio è ancora sepolto sotto le macerie, cercato senza sosta dai vigili del fuoco, Firenze si è svegliata in una domenica di sole, ma freddo e pungente. La calma del giorno festivo stride con quella corsa ininterrotta che decine di operai vivevano ogni giorno per costruire quell’edificio in via Mariti. Vivevano ma anche morivano, come è successo a quattro di loro, in attesa di conoscere la conferma della tragica sorte di un quinto.

Si avverte la rabbia in città per una tragedia che si inserisce in un sistema di produttività, di corsa al ribasso, di scatole cinesi, che non sembra essere l’eccezione ma la regola. Firenze arrabbiata, ma fa sentire il suo dolore. C’era nel minuto di silenzio ieri in una piazza della Signoria gremita, c’è nel via vai davanti ai cancelli dell’area sotto sequestro per deporre fiori e pensieri. Ma per le strade, nelle case, nei negozi dove ognuno è figlio, madre, studente, lavoratrice si sente sulla pelle che quelle vite potevano essere quella di ognuno di noi. Non è infatti il cemento prefabbricato a uccidere ma la distruzione di un modello di welfare, di sicurezza lavorativa, sociale, economica, dell’articolo 1 della Costituzione.
Gli attestati di cordoglio, le dichiarazioni ufficiali, le parole laiche e religiose, le visite istituzionali fanno male. Non leniscono né la rabbia né il dolore per una cronaca che ora è a Firenze ma che vive e muore in tutto il Paese.
“Non sapevo neanche che lavorasse qui”, le parole dello zio venuto da Bergamo di una delle giovani vittime di origine marocchina. Due di loro forse irregolari, forse avevano intrapreso una procedura di emersione e quindi titolari di busta paga, con quali contratti, con quali diritti con quali dispositivi di sicurezza… Lo accerterà la Procura. Di certo c’è che venerdì non sono tornati a casa da lavoro Luigi Coclite, Taoufik Haidar, Mohamed El Ferhane e Mohamed Toukabri. Loro tre stavano da parenti o amici per non perdere quel lavoro che li aveva fatti venire dal Nord, dopo l’altro viaggio (della speranza) che li aveva portati in Italia.
Domenica 18 febbraio, un fascicolo per omicidio colposo plurimo e crollo colposo ed un operaio marocchino ancora disperso in una Firenze che da venerdì non è solo una meta turistica irrinunciabile ma anche l’emblema di un’Italia che deve cambiare direzione.
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