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“Non si può morire per una consegna”, a Firenze il presidio per Sebastian Galassi

“Non si può morire per una consegna” e “La mia vita vale più di un panino”: queste sono le frasi che si leggono sullo striscione steso sugli scalini della chiesa e sui cartelli appesi ai box per la consegna dei rider presenti al presidio indetto da Filcams, Filt e Nidil Cgil in piazza S.Ambrogio a Firenze in seguito alla morte di Sebastian Galassi, il rider 26enne deceduto mentre stava effettuando una consegna sabato sera a Firenze.

Sono più di duecento le persone che hanno partecipato al presidio, non solo i colleghi del ragazzo, ma anche molti lavoratori scossi per l’accaduto. La rabbia è tanta perché, come dicono i rider presenti, “Sebastian non è stato ucciso da un suv, ma da un algoritmo”: un algoritmo che non conosce pietà, visto che il giorno successivo alla tragedia è arrivata una mail con cui Glovo, l’azienda per cui lavorava il ragazzo, lo licenziava per la mancata consegna. I colleghi di Sebastian, insieme ai sindacati, chiedono maggiori diritti e tutele, a partire da un corretto inquadramento contrattuale.

Intanto sono in corso le indagini: gli  investigatori stanno vagliando i video delle telecamere di sorveglianza della zona per ricostruire l’esatta dinamica dell’incidente e oggi è stata eseguita l’autopsia sul corpo del giovane. Unico indagato per omicidio stradale è il conducente del Suv, che, secondo alcune testimonianze pare sia passato all’incrocio con il colore giallo.

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