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Omicidio Ballestri: marito respinge accuse

 Ha cercato di fornire una spiegazione a tutti gli elementi accusatori che finora lo indicano quale assassino della moglie, la 39enne Giulia Ballestri ammazzata a bastonate la mattina del 16 settembre 2016 a Ravenna in una villa di famiglia da tempo disabitata.

Per oltre sei ore in una gremita aula di Corte d’Assise, di fronte a più di 300 persone (molte altre sono dovute rimanere fuori), il 53enne dermatologo Matteo Cagnoni ha continuato a dichiararsi estraneo a tutti gli addebiti circa la morte della moglie Giulia Ballestri. Era la prima volta che Cagnoni veniva interrogato dalla Procura ravennate dato che fino a oggi aveva parlato solo davanti al Gip del Tribunale di Firenze in occasione della convalida del suo fermo fatto dalla polizia alle prime ore del 19 settembre 2016, nei pressi della villa paterna che si trova nel capoluogo toscano, di ritorno dopo una rocambolesca fuga. Interrogato per cinque ore dal Pm Cristina D’Aniello e per un’altra ora dalle parti civili (qui perlopiù dall’avvocato della famiglia Ballestri, Giovanni Scudellari), il 53enne ha sostenuto che le tracce di sangue della consorte isolate dalla Scientifica sui suoi jeans, in realtà risalirebbero a mesi prima della morte: ovvero quando la donna a suo dire si ferì accidentalmente con una scheggia di vetro e fu medicata.

Cagnoni ha anche precisato di avere visto l’ultima volta la 39enne sotto la loro residenza principale di Ravenna poco dopo le 12 del giorno del delitto, orario nel quale invece per i Pm lei era già stata ammazzata. Nell’occasione, lei gli avrebbe manifestato l’intenzione di rimanere nella città romagnola senza seguirlo nella villa paterna a Firenze assieme ai loro tre figli: una volontà che Cagnoni aveva interpretato come desiderio di incontrarsi con l’amante, specificando qui non necessariamente l’uomo con cui Giulia da mesi aveva iniziato una nuova relazione e inquadrato dall’accusa come movente del delitto. Ed è per questo – ha spiegato – che non l’aveva cercata nonostante i segnali di scomparsa. Sulla fuga all’arrivo alla villa fiorentina della polizia, ha detto che si era trattato di una crisi di panico di cui sovente soffre. Per quanto riguarda infine le impronte di sangue sul muro della scena del crimine, Cagnoni ha negato che fossero le sue; mentre sul bastone di pino arma del delitto proveniente da un’altra villa di famiglia che si trova sul litorale ravennate, ha precisato che se c’era il suo Dna, era perché poteva averlo maneggiato per accatastarlo vicino al caminetto della residenza principale; e poteva essere stata Giulia a potarselo con sé come arma di difesa in quella villa disabitata. Prossima udienza fissata per lunedì quando, con l’interrogatorio della difesa (avvocati Giovanni Trombini e Francesco Dalaiti) proseguirà l’esame di Cagnoni.

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