Lo scrive il giudice Sara Farini nelle motivazioni con cui il 7 gennaio 2019 ha condannato per omicidio volontario a 16 anni, in rito abbreviato, l’ex tipografo Roberto Pirrone che uccise a Firenze il venditore senegalese Idy Diene sul Ponte Vespucci.
“L’ipotesi del movente razziale, inizialmente percorsa dagli inquirenti, è stata subito accantonata non essendo emerso nessun elemento sulla cui base poter sostenere che il Pirrone abbia ucciso la vittima per il ‘colore della pelle'”. Lo scrive il giudice Sara Farini nelle motivazioni con cui il 7 gennaio 2019 ha condannato per omicidio volontario a 16 anni, in rito abbreviato, l’ex tipografo Roberto Pirrone che uccise a Firenze il venditore senegalese Idy Diene sul Ponte Vespucci.
In un altro passo il giudice Farini commenta che anche “dall’esame dei supporti informatici sequestrati non è emersa nessuna tendenza o ideologia razzista e nessuna vicinanza con gruppi o movimenti xenofobi” di Pirrone. Il giudice non individua un movente esatto ma di certo esclude quello razziale. Invece rileva una evidente sofferenza psichiatrica, ricavata dalla perizia del processo, che affligge Pirrone. L’ex tipografo la mattina del 5 marzo 2018 uscì di casa armato con una sua pistola per suicidarsi ma nel tragitto cambiò intento e sparò a Diene incontrato per caso sul ponte.
Sempre escludendo il movente razziale nell’omicidio di Idy Diene, il giudice Sara Farini
riporta in sentenza alcune testimonianze. In una, il gestore di un bar di via Pisana frequentato dall’ex tipografo riferisce che i comportamenti e i discorsi di Pirrone “non erano mai finalizzati ad alcun tipo di discriminazione e anche con il senegalese, che non è il senegalese ucciso, che ogni mattina si posizionava di fronte al mio bar, ha sempre tenuto un comportamento gentile”. Lo stesso teste inoltre ricorda che anche “il senegalese ucciso veniva nel mio bar per pochi minuti, quasi sempre intorno alle 12”, ma “nell’orario in cui veniva presso il mio esercizio Roberto Pirrone non era mai presente”.
Il giudice, sempre a esclusione del movente razziale, riporta pure la testimonianza di un ex collega di tipografia di Pirrone, un senegalese arrivato in Italia nel 1980, che parlando del rapporto tra loro due lo ha definito sereno. “Nel 1992 ho iniziato a lavorare per la stessa casa editrice e tra i miei colleghi di tale azienda vi era anche Roberto Pirrone che ho conosciuto. Durante l’attività lavorativa svolta unitamente al
Pirrone non vi sono mai stati tra noi motivi di scontro o dissidi di altro genere. Non ho mai avuto con lui rapporti al di fuori di quelli strettamente lavorativi”.
Il giudice Farini nelle motivazioni, invece, dà molto rilievo alla perizia cui fu sottoposto Pirrone da cui si ricava un disturbo psichiatrico e che era capace di intendere e di volere.
Pur non individuando un movente – e la stessa aggravante dei futili motivi fu scartata dal giudice non riuscendo il processo a stabilire con certezza perché Pirrone sparò a Idy Diene – il vissuto dell’ex tipografo e le sue difficili vicissitudini familiari, e le relative conseguenze, sembrano aver pesato nella decisione.