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Omicidio vs vandalismo: la vita tolta non vale quanto un decoro oltraggiato

targa

Quando leggi un virgolettato della Procura di Firenze sull’omicidio del cittadino senegalese Idy Diene, in base al quale per gli inquirenti “non è un gesto a sfondo razzista” e vieni a sapere da frammenti dell’interrogatorio all’omicida Roberto Pirrone, che avrebbe voluto suicidarsi (ma alla fine ha preferito togliere la vita a qualcunaltro), e che non ha sparato alla prima persona che si è trovato davanti  (una madre e la sua piccola), ma contro Idy Diene sì, allora capisci che la motivazione razziale c’è, eccome.

La disperazione di una vita sul baratro delle difficoltà economiche  è sfociata alla fine in un atto di distruzione verso un altro essere umano. E se la mamma con figlio era troppo, l’uomo (il lavoratore, l’immigrato, un possibile padre di famiglia) no.

C’è stato un distinguo, una scelta, una premeditazione. Poco importa che il tipografo in pensione conducesse una vita tranquilla o meno, avesse un profilo social senza dichiarazioni razziste, non avesse collegamenti diretti con movimenti o realtà sociali di estrema destra. In un paese reale sempre più verde e intollerante, in cui il ‘prima gli italiani’ raggiunge sostegni di pancia e di voto storici, se puoi girare con una pistola in mezzo alla gente, farti mille film in testa e decidere che un altro essere umano sarà il protagonista da abbattere  e fare il regista di quel film e sparare e risparare. E poi prendere meglio la mira e sparare in testa e poi non fuggire, non correre, non scappare da te stesso, ma passeggiare, camminare come se nulla fosse successo e farti arrestare senza opporre resistenza ma raccontando tutto per come quel film l’hai pensato e realizzato, senza sconvolgere la tua stessa coscienza, allora siamo oltre lo sfondo razzista. Siamo dentro la disumanizzazione della società che di sociale ha ormai solo i profili on line e i loro like.

Poi però la rabbia di chi questa disumanizzazione non l’accetta, sfocia in strada, in un camminare insieme per allontanare da se’ la paura troppo reale dell’essere da soli, ancora una volta,  dell’essere l’obiettivo da non accattare, da eliminare e quella rabbia che vuole risposte degenera in cocci rotti, terriccio a terra, reti buttate giù, oggetti danneggiati, cose che fanno paura, che generano scandalo, presa di distanza, condanna per l’inciviltà, il vandalismo nei confronti della città.

Ma davvero pensiamo che una vita tolta valga quanto il degrado urbano? Molte le dichiarazioni di politici, categorie economiche, soggetti istituzionali che condannano l’omicidio e si dicono al contempo indignati per (scrivono) la violenza e l’assedio che ha dovuto subire la città. E’ quel ‘al contempo’ che dovrebbe scuotere le coscienze.

Una vita è stata tolta alla sua famiglia, ai suoi sogni, alla sua storia. Questo gesto criminale non può essere accostato a niente altro che alla crudeltà di chi sceglie di togliere e a chi togliere.

Il dolore e la rabbia non possono tradursi in violenza, ma a loro volta sono stati violati e meritano rispetto, ascolto e risposte non elettorali.

Chiara Brilli

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