Lun 23 Dic 2024
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ToscanaSanitàPet therapy e Alzheimer, la storia di Alberto

Pet therapy e Alzheimer, la storia di Alberto

Diversi sono gli studi che vedono le correlazioni e i vantaggi dell’uso della pet therapy con i malati di Alzheimer. Ecco la storia di Alberto.

Il 14 ottobre si terrà a Montecatini Terme (Pistoia) il convegno nazionale sui Centri diurni Alzheimer, organizzato da geriatria dell’Università di Firenze con il sostegno della Fondazione Caript. La veterinaria perugina Maria Chiara Catalani, specialista di comportamento animale, presenterà una relazione su come si preparano gli animali da compagnia oppure destinati alla pet therapy. Un intervento per conto della Sisca, la Società italiana di scienze del comportamento animale, nel cui nome la dottoressa Catalani ha coordinato la ricerca con Alberto.

Alberto è un uomo alto e robusto. In gioventù giocava a calcio e amava viaggiare, crescendo si è dedicato alla carriera da geometra. Una moglie, un figlio, due nipoti, poi l’Alzheimer. Aveva 70 anni quando a causa della malattia è stato portato a vivere in una casa protetta per anziani. Costretto in carrozzina, del tutto assente, incapace di comunicare, di gestirsi, perfino di coordinare l’uso delle mani, era diventato impossibile assisterlo in famiglia. Otto anni dopo, grazie alla pet therapy, è tornato alla vita.

Due anni. Tanto è durata la pet therapy su Alberto, con una seduta a settimana per un totale di 20 incontri. Protagonisti tre magnifici cani addestrati a Bologna in tandem con i loro operatori alla Scuola di interazione uomo animale (Siua). “Per le sedute – ricorda Catalani – abbiamo usato un ambiente attrezzato della Casa protetta con più pazienti in contemporanea, sempre però in rapporto personalizzato uno a uno: a ogni paziente un operatore a rotazione. Durata un’ora circa, attività variabili. Quando abbiamo cominciato Alberto aveva già 76 anni. Arrivava in carrozzella spinta dalla moglie, ma con lui si poteva fare molto poco: non aveva autonomia, né capacità di interagire”.

“Grazie a Pebeta nella mente di Alberto si è aperto uno spiraglio. Se all’inizio non controllava le mani neppure per accarezzare il cane, alla fine ce l’ha fatta con visibile soddisfazione sua e di noi operatori. Per mesi non aveva risposto alle nostre sollecitazioni. Poi, d’improvviso, ha parlato”.