Nel 2024 il Pil della Toscana crescerà dello 0,8%, nel 2025 dello 0,8% e nel 2026 dell’1,2%, sostanzialmente in linea con l’andamento nazionale. E’ quanto stima l’IRPET nel suo rapporto sull’economia regionale, presentato oggi a Firenze, secondo cui il calo dell’indice di produzione industriale nel 2023 in Toscana è stato del 3,3% (-2,1% in Italia) e nel primo trimestre 2024 del 4,9% (-3,5% in Italia), dato imputabile all’andamento negativo del comparto moda, specialmente pelletteria, cuoio e calzature. Incidono soprattutto le tensioni geopolitiche e il fattore demografico: si calcola che tra dieci anni non ci sarà nuova forza lavoro per rimpiazzare i pensionati.
“Il rapporto IRPET mette in evidenza una capacità importante di resilienza della nostra regione nonostante una serie di eventi avversi che pesano ancora sul contesto economico e sociale”. Così il direttore dell’Istituto Regionale di Programmazione Economica Toscana, Nicola Sciclone. Il riferimento è alle continue tensioni geopolitiche che pesano sulle prospettive del commercio internazionale, sia ad altri fattori endemici del nostro territorio, come il gap generazionale con un fattore demografico in declino per cui si calcola che nei prossimi dieci anni 34 sistemi locali del lavoro su 48 avranno difficoltà a rimpiazzare i pensionamenti con i giovani. Il quadro generale parla di una crescita stabile ma lenta nel corso del 2023, infatti il prodotto interno lordo della Toscana ha continuato a crescere di 0,7 punti percentuali. Nel 2024 il Pil della Toscana crescerà dello 0,8%, nel 2025 dello 0,8% e nel 2026 dell’1,2%, sostanzialmente in linea con l’andamento nazionale. Un risultato che arriva in ogni caso grazie anche alle fiscalità attivate dopo la pandemia e le alle risorse del PNRR. In questo 2024 la crescita proseguirà in leggera accelerazione soprattutto alimentata dalla domanda estera e da una piccolissima percentuale di investimenti e di consumo interni. Incertezze e prudenza minano ancora le aspettative da parte delle imprese.
Vola come sempre il turismo soprattutto grazie alle presenze straniere – che sono il 17,6% soprattutto da paesi extra europei. Ciclone conferma poi la flessione e il deterioramento della produzione industriale: in Toscana è più negativo che in Italia, si parla del 4,9% rispetto al 3,5% a livello nazionale, e a soffrire di più sono i comparti pelletteria, cuoio e calzature. Le vendite all’estero rimandano invece a un terreno positivo, l’export è forte con un aumento di 6,3 punti percentuali rispetto alla media delle altre regioni. Settori traino: gioielleria, farmaceutiche e macchinari dell’industria agroalimentare. Le famiglie toscane rispondono con un progressivo clima di fiducia nel sistema, per quanto vi sono ancora grandi difficoltà ad arrivare a fine mese: la quota flette dal 20 al 18%. Il domani riserva sfide importanti, come l’elevata esposizione della Toscana sui mercati esteri, “uno stato di dipendenza dagli altri”, dice Sciclone, che può avere ripercussioni sulla capacità interna di produrre e di soddisfare il fabbisogno del territorio.