Università di Pisa, la coltura del fico, attualmente in declino in Italia ma economicamente molto redditizia, è la risposta ottimale per recuperare i terreni altrimenti persi per l’agricoltura.
Questa la conclusione del progetto ‘Ficus carica, un’ antica specie con grandi prospettive’, finanziato e condotto dall’Università di Pisa che ha approfondito le conoscenze su questa pianta grazie a un team di genetisti, chimici, fisiologi vegetali, entomologi, arboricoltori e analisti sensoriali del dipartimento di scienze agrarie, alimentari e agro-ambientali.
“Sin dall’antichità e anche oggi, soprattutto nei paesi meridionali del bacino Mediterraneo, il fico fornisce un importante alimento di base anche grazie alla sua grande produttività che dura sino a 50 anni con una produzione annuale di circa 40-100 chili per pianta – spiega Barbara Conti, coordinatrice del progetto -. Tuttavia, in Italia la coltivazione del fico è in netto declino: nel 1960 occupava 60mila ettari, oggi solo 2.000, che producono l’1% della produzione mondiale e tutto questo a fronte di una costante crescita dei terreni salini marginali che nel nostro Paese sono oggi oltre 400mila ettari.
Il rilancio di questa coltura è dunque strategico anche in considerazione del 15/o obiettivo dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite che punta a proteggere, ripristinare e promuovere l’uso sostenibile del suolo, in particolare foreste, paludi, montagne e zone aride”.
I ricercatori pisani in due anni sono arrivati a sequenziare il genoma del fico con un metodo innovativo che ha consentito loro di indagare la performance della pianta in condizioni di elevata salinità. I risultati hanno confermato che è una coltura ideale per il recupero dei terreni salini marginali: la salinità del terreno, si spiega, non determina una variazione degli zuccheri totali e dei principali componenti dei frutti.
Anzi, l’aumento del livello endogeno di acido salicilico nei frutti delle piante sottoposte a stress salino farebbe ipotizzare un effetto ‘priming’, cioè una strategia adattativa che migliora le capacità difensive della pianta. Il progetto ha anche compreso lo studio su Aclees taiwanensis, una specie di coleottero dannoso per il fico, molto simile al punteruolo della palma.