COSA È SUCCESSO? Storie e voci per capire quello che accade.
di Raffaele Palumbo
UN PODCAST DI CONTRORADIO.
Il Podcast di Controradio “Cosa è successo?” è ascoltabile il sabato alle 13:15, in replica la domenica alle 17:10 sulle frequenze di Controradio (93.6, 98.9, DAB+), in streaming su controradio.it, sulla app CONTRORADIO e su SPOTIFY.
In questa puntata: Il SENSO DEL DISSENSO. Come le democrazie gestiscono il conflitto ai nostri giorni. Il caso Italia.
Puntata per sabato 02 e domenica 03 marzo 2024, durata 26′:11”.
OSPITI: Vincenzo Scalia docente di Sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale Unifi, Xenia Chiaramonte è Ricercatrice presso l’Università di Catania, studiosa del criminalizzazione del dissenso, teorie critiche della pena e di diritto e lotte sociali, Beppe Campesi, Docente al Dipartimento di Scienze Politiche all’Università di Bari, si occupa di politiche per la sicurezza, politiche migratorie, controllo dei confini.
La trascrizione automatica del podcast:
[Speaker 8]
Cosa è successo? Storie e voci per capire quello che accade.
[Speaker 3]
Volevo soltanto chiederle se lei ha paura.
[Speaker 5]
Sì, sì, ho paura. Ho ricevuto moltissime minacce dal regime belorusso, soprattutto dopo aver cominciato la campagna per il supporto agli obiettivi di coscienza belorussi all’interno della cornice della campagna di obiezione alla guerra. Ho paura perché sono una persona comune, ma non mi arrendo e non ci dobbiamo arrendere.
[Speaker 9]
Sì, ho paura, ma non ci dobbiamo arrendere.
[Speaker 6]
Ha arrestato Julian Assange, il fondatore di Wikileaks.
[Speaker 8]
Julian Assange è stato arrestato in Londra.
[Speaker 6]
Polizia! È questa la vostra democrazia!
[Speaker 3]
Eh sì, perché diciamolo chiaramente, quando parliamo di diritto al dissenso parliamo fondamentalmente di democrazia, della sua qualità, del grado democratico di una nazione. Ma noi oggi, come siamo messi? Il dissenso nel nostro paese, che senso ha?
Quello che troviamo in Macedonia, lo stiamo vedendo in quel momento!
[Speaker 6]
Davanti al ministero, lo stiamo vedendo in quel momento!
[Speaker 3]
Mi chiamo Raffaele Palumbo e in questa puntata di Cosa è Successo, il podcast di Controllo Radio, parliamo di dissenso. Il dissenso che, lo sappiamo, trova la sua tutela nel principio previsto dall’articolo 2 della Costituzione, oltre alla pietra angolare che riguarda la libertà di pensiero, l’articolo 21, che caratterizzano la nostra Repubblica e contribuiscono a fondare la base del carattere democratico del nostro ordinamento. E allora, partiamo prima di tutto dalla definizione di dissenso.
Che cosa è? Sentiamo Vincenzo Scalia, docente di sociologia giuridica della devianza e del mutuamento sociale Unifi, e Xenia Chiaramonte, che è ricercatrice presso l’Università di Catania, studiosa di criminalizzazione del dissenso, teorie critiche della pena e di diritto e lotte sociali.
[Speaker 2]
Il dissenso è, diciamo, la manifestazione, sia verbale che pratica, di una posizione difforme rispetto alle politiche portate avanti dal governo. E quindi, insomma, si tratta di una pratica che è alla base delle democrazie occidentali. Sin da quando Hobbes fonda con il Leviatano lo Stato moderno, che teorizza la necessità del Patrum Unionis e Patrum Suggezionis, dice che allo Stato non deve interessare come la pensano gli altri.
La cosa importante è assicurare la vita, la libertà, la proprietà. Quindi il liberalismo si basa su questo. Certo, ha il difetto di confinare il dissenso alle opinioni, ma non alla pratica.
E questo è un problema che ci troviamo da sempre, si può dire, da quando è solto lo Stato liberale. E si vede, per esempio, anche con quello che succede in Italia, con Berlusconi che prende a cannone una terra folla. Lo vediamo con i markets negli Stati Uniti a Chicago, quando la cosiddetta nazione guida delle democrazie occidentali incolpa gli anarchici di una bomba senza alcuna prova ed impicca.
In un’opera del quale stiamo festeggiando tutt’ora il primo maggio vediamo o il caso di Sacco e Banzetti o la Red Scare americana con 5 mila comunisti e anarchici che vengono deportati, oltre a quelli che vengono inquisiti, arrestati e giustiziati. La prima e la seconda Red Scare con il maccartismo. Quindi è vero che il liberalismo, se da un lato lo tollera il dissenso, dall’altro non lo digerisce quando ne mette in discussione le fondamente.
[Speaker 1]
Il dissenso è quell’elemento che ci consente di vedere, a partire dal suo trattamento, il livello di democraticità di una democrazia, di uno Stato. Il dissenso è il pensiero contrario a quello che è, in qualche modo possiamo definirlo in vari modi, dominante.
[Speaker 3]
Secondo lei le democrazie liberali tollerano appieno il dissenso?
[Speaker 1]
Certamente il punto nevralgico della domanda è proprio questo. Quanto riescono a governare il conflitto, quanto il dissenso è possibile che sia garantito senza questa dinamica liberale. Si inietti nella democrazia un eccesso di conflitto, ma certamente non garantire il diritto al dissenso mostra in modo molto evidente che il livello di democraticità di uno Stato è basso, cioè laddove il dissenso è meno garantito minore sarà la democraticità di quello Stato.
[Speaker 2]
Beccaria per esempio che fu quello che per primo disse che la pena di morte non era uno strumento da applicare per regolare la violazione delle condotte penali, però dicevano che la pena di morte può essere applicata quando qualcuno con un reato mette in discussione le fondamenta stesse della società, quindi per i dissidenti politici. Quindi è una storia che volendo vada a cospito, passando per beccaria, o ancora meglio arriva oggi per uscire oltre i confini, non perché cospito non sia importante come caso, ma arriva Giuliano Assange. Cosa sta facendo Giuliano Assange?
Dicono gli Stati Uniti che mette in discussione a repentaglio la sicurezza dei cittadini americani, però di fatto probabilmente ha svelato perché la vita dei cittadini americani è a repentaglio, per quello che hanno fatto gli americani in Iraq, per come hanno condotto le guerre, per come hanno nascosto le guerre davanti agli occhi dell’opinione pubblica internazionale e Stato Unita in se stessa e quindi questo è grave, non si può dissolvere il manovratore, c’è il senso di questo spazio dell’arcane imperi a quale noi comuni marzali non abbiamo accesso, indipendentemente dal fatto che abbiamo lo status di cittadini con tutte le prerogative che ne conseguono.
[Speaker 3]
Ma ancora, che cos’è il dissenso? La voce che abbiamo sentito all’inizio con la domanda «ma lei ha paura?» era la voce di Olga Karach, attivista bielorussa che è stata incarcerata, è stata torturata dal regime di Lukashenko e adesso, mentre è candidata al premio Nobel per la pace per il 2024, vive in esilio a Vilnius, ci diceva «io ho paura». Ma finché parliamo di regimi illiberali la questione sembra rimanere pacifica.
Se parliamo invece di democrazie, come facciamo a distinguere dissenso da dissenso? Che differenza c’è tra un terrapiattista e una persona che protesta contro la guerra? Lo abbiamo chiesto di nuovo a Xenia Chiaramonte.
[Speaker 1]
Allora, certamente anche sostenere che la terra è piatta significa dissentire rispetto a una ragione dominante, ma mentre in quel tipo di ribellismo, chiamiamolo così, c’è uno scontro rispetto all’intera comunità scientifica, in questo caso, cioè il sottotesto è «c’è una grande bugia, state sbagliando tutti e io posseggo la verità». Il dissenso invece dice un’altra cosa, dice non necessariamente «anzi, c’è una grande bugia, siete tutti in errore e io dico la verità», ma dice semplicemente «da parte mia voglio poter agire dissentendo rispetto a una ragione che voi stabilite essere l’unica possibile». Ma non crede, in sé stesso il dissenso è pluralista, mentre invece, diciamo, voler credere nel terrapiattismo di solito non lo è.
[Speaker 3]
Senti, com’è stata la qualità del dissenso in Italia dalla fine della guerra ad oggi? La qualità non di chi ha dissentito, ma di come la democrazia italiana ha appunto saputo gestire quel negoziato con il conflitto?
[Speaker 1]
Mi sono interrogata in un libro che nel 2019 è uscito per Mimesis insieme a Dario Fiorentino sul caso 7 aprile. Il caso 7 aprile è simbolicamente, ma comunque non solo, l’inizio di un certo trattamento piuttosto pericoloso del dissenso da parte dello Stato italiano. Per chiarirci in breve, 7 aprile del 79 è la data in cui alcuni professori spadovani, e su tutti il famoso Toni Negri che è venuto da pochissimo a mancare nel dicembre del 2023, vennero arrestati con delle evidenze, delle prove estremamente carenti, per non dire nulla, sulla base di un teorema.
Non mi addentro su questo, ma quel caso è stato probabilmente l’inizio di un trattamento che ci portiamo ancora dietro, quindi un trattamento particolarmente restrittivo nei confronti della libertà di dissentire. Le cose evidentemente sono andate avanti, io mi sono occupata a lungo in particolare dei processi a carico degli attivisti Notav. Quello è il caso più recente rispetto al quale si è potuto vedere come il trattamento riservato ai dissensienti è particolarmente gravoso e direi gravemente sproporzionato.
Una delle caratteristiche principali attraverso le quali si vede come la libertà di dissentire non è garantita è la sproporzione della risposta punitiva rispetto all’azione criminale.
[Speaker 3]
Iniziamo ad inadellare alcune riflessioni. Il dissenso confinato alle opinioni e non alla pratica, un aumento di cosa è creato oggi, pene smisurate rispetto a comportamenti che hanno a che fare con il dissenso, più manganelli. Ma di questo parleremo più avanti.
Ora però la domanda è sono tutti uguali? Se pensiamo a come lo Stato italiano democratico e repubblicano ha gestito il conflitto e il dissenso dal 1945 ad oggi si potrebbe essere tentati di rispondere sì. I manganelli ne abbiamo visti negli ultimi anni.
Ora c’è una specificità di questo momento storico legata a questo governo? Lo chiediamo ancora ai professori Vincenzo Scalia e Xenia Chiaramonte.
[Speaker 2]
Diciamo che questo governo ha fatto della sua cifra qualitativa il non disturbare il manovratore e quindi il tentativo di fare piazza pulita di ogni disformità potenziale e effettiva. Qual è stata la business card di presentazione di questo governo? Il decreto anti-rape che è un evento che si è verificato repetitamente da vent’anni dove non è mai morto nessuno dove non si sono mai verificato risse ma che ha la connotazione di essere difforme al modo di pensare di essere del governo di un governo che fa Dio, Patria, Famiglia e Lavoro diciamo il suo motto.
D’altro lato però è giusto dire che delle misure di contenimento del dissenso sono avvenute anche nelle sue condizioni. Io ricordo per esempio quando ci furono manifestazioni contro i bombardamenti nella Serbia della Nato in quel periodo purtroppo le Brigate Rosse commissero quell’efferato omicidio del professor D’Antona e Bertinotti venne accusato in Parlamento da Veltroni di coversonsabilità morale nell’omicidio perché c’è la colpa è vostra perché vi sentite con i DS e manifestate contro la guerra state creando un clima d’odio. Due anni dopo, prima del G8 di Genova di Gennaro che era comunque stato messo al suo posto dall’Urivo applicò una repressione delle manifestazioni a Napoli nel 2021 c’è stato Draghi che ha distigato i manganelli a Trieste insomma ci sono vari episodi c’è una lunga striscia di repressioni se vogliamo ma questo governo ne fa la sua cifra perché è stato eletto per questo per mettere ordine possiamo citare anche il caso dei Notav che sono stati accusati di terrorismo da dei giudici che non sono certo vicini alla coalizione attuale che identificano ogni manifestazione di dissenso con le potenzialità di atti terroristici.
[Speaker 1]
Bisogna ricordarsi sempre che non è una banalità il fatto che viviamo in un contesto in uno stato dove vice la separazione dei poteri cioè non è che il potere giudiziario nel decidere per alcune forme di criminalizzazione del dissenso in questo momento mi sto focalizzando su quello che poi passa per il processo giudiziario poi ci sono processi di criminalizzazione più ampi ma quando, come nei due casi che ho raccontato prima 7 aprile, Notav effettivamente si hanno dei processi giudiziari e con lì si vede bene che i giudici BM prima poi i giudici seguono una linea che rispetta la separazione dei poteri cioè non è necessariamente in accordo con le scelte del governo di turno non è che il governo di destra necessariamente implica più dissenso e quello di sinistra meno non è stato affatto così storicamente c’è da dire però che oggi vediamo un inasprimento sicuramente di alcune scelte positive su tutti porrei il caso del cosiddetto ecovandalismo che è stato appena che ha appena avvenuto una maggiore criminalizzazione proprio perché l’attuale governo crede che una protesta che fa uso di una tecnica tra l’altro già esperita in passato in America come l’imbrattamento tramite delle vernici sia effettivamente un danneggiamento e sia aggravato da alcune condizioni
[Speaker 3]
La criminalizzazione del dissenso non è soltanto aule di tribunale o manganello forse è un fenomeno più ampio?
[Speaker 1]
Nella criminologia critica che è il campo di studi dentro il quale la mia ricerca si iscrive ragiona sui processi di criminalizzazione in modo ampio cioè si ostiene che ci sia una criminalizzazione che provenga in qualche modo dal sociale o da alcuni soggetti o da chi ha più di altri un potere di nominare facciamo l’esempio classico del giornalismo nel caso dei notarvi i giornalisti avevano chiamato in alcune testate i notarvi stessi come criminali o terroristi qualcosa come 10 anni prima le prime pronunce giurisprudenziali cioè le prime condanne quindi i processi di criminalizzazione possono nascere all’interno della società in modo ampio e poi possono diventare anche dei processi che vengono portati avanti nelle piazze, dalla polizia e poi nelle aule di tribunale dai magistrati che si sentono più votati a questa causa quando studiavo in Otava a Torino c’era questo elemento abbastanza interessante su cui riflettere cioè i PM avevano nei loro provvedimenti interni stabilito una cartellina speciale una casella da spuntare che rendeva il processo ad alta velocità cioè si diceva che c’era particolare urgenza in quel modo cioè selezionando quella casella quella casella si chiamava proprio Otava che è assurdo perché è il particolare che entra nel generale in un modo sospetto i processi si fanno a fronte di un’azione che è in odore di criminosità ma non si fa per lottare contro un fenomeno specifico di tipo sociale
[Speaker 3]
secondo lei è corretto dire che se il governo che ha visto come protagonista in qualche modo Salvini aveva come focus il tema degli immigrati il governo attuale ha come focus principale il tema della repressione del dissenso e di un certo modo di leggere il tema della cosiddetta devianza è d’accordo?
[Speaker 1]
certamente sì perché intanto è evidente che il governo non produce soltanto un sentire pubblico che esporta e che rapporta ma produce anche delle leggi quindi inevitabilmente come dire seppur nella separazione dei poteri un giudice si trova davanti una normativa ampliata cioè nella norma stessa che si ha una maggiore criminalizzazione se il governo ha prodotto attraverso il decreto legge quella norma la legge penale che il giudice potrà applicare è nuova diciamo è cambiata ecco con gli amici e colleghi con cui animo il blog di studi sulla questione criminale ci occupiamo molto spesso di questi temi per esempio nell’ultimo editoriale della rivista ci siamo occupati di questo dell’ultimo decreto sicurezza dove si vede molto bene come vengono criminalizzate da un lato o da un altro certe condotte faccio un esempio per tutti viene prevista comunque la detenzione in carcere per le madri incinta per le donne incinta e anche per le donne con i bambini sotto una sorta soglia di età ma per dire che c’è una preferenza per una criminalizzazione maggiore addirittura di condizioni di questo genere e dall’altro lato però c’è la previsione per la polizia di poter detenere un’arma alla loro propria protezione viene ampliata la possibilità da parte delle forze dell’ordine di poter detenere un’arma e adesso c’è la questione dell’eco vandalismo e anche qui qual è la questione?
La questione è l’enorme sproporzione fra la pena per una certa condotta e il disvalore che quella condotta implica qui si tratta di considerare degli imbrattamenti con un materiale lavabile addirittura dalla pioggia quindi non implicando nemmeno alcun tipo di spesa da parte dello Stato per la polizia e fare diventare una condotta di questo tipo una condotta che è praticamente assimilabile a dei reati di estrema gravità e quindi punite con forza da parte dello Stato
[Speaker 7]
Quelli lì che ci mancavano fino all’altro giorno sono ancora le cicatrici di una manifestazione fatta per Lorenzo Parelli e Giuseppe Morti in alternanza a scuola lavoro qua ci sono i giovani che lottano per la democrazia
[Speaker 3]
E poi ci sono loro il grande simbolo della riflessione del dissenso i protagonisti di queste giornate per certi versi anche drammatiche i manganelli che cosa è accaduto in questo senso come si è comportata la polizia che è veramente stata sotto mille riflettori in questi giorni in cui anche il Presidente della Repubblica si è sentito in dovere di intervenire contro il Ministro degli Interni sono entrati in crisi tradizionali meccanismi di negoziazione nel conflitto e del dissenso che fosse oggi ha più senso che mai il nostro ultimo ospite è Giuseppe Campesi docente al Dipartimento di Scienze Politiche all’Università di Bari che si occupa proprio di politiche per la sicurezza
[Speaker 4]
La maniera in cui è stata gestita la piazza negli ultimi tempi abbiamo registrato diversi episodi di uso eccessivo secondo alcuni osservatori della forza non nella gestione della piazza segna per lo meno una crisi dei tradizionali meccanismi di negoziazione nella gestione dell’ordine pubblico tradizionalmente le forze di polizia negoziano la gestione della piazza con gli organizzatori delle manifestazioni e degli eventi ecco per lo meno quello che possiamo registrare è una crisi di questi meccanismi di negoziazione di dialogo con le organizzazioni delle manifestazioni che prevengono poi il ricorso all’uso della forza se questo abbia un significato politico più ampio più complessivo come dire lo vedremo nei prossimi nei prossimi mesi certo è che diversi osservatori manifestano la loro preoccupazione al riguardo
[Speaker 3]
sicuramente abbiamo osservato da una parte nuove tipologie di reato la famosa questione dei rave mai applicata peraltro da un’altra parte anche ad una nuova concezione della cosiddetta devianza dai fatti di Caivano a come questo governo guarda ad esempio ai disturbi alimentari
[Speaker 4]
sicuramente da un lato assistiamo ad una crescente criminalizzazione di forme di devianza di marginalità sociale comunque comportamenti che caratterizzano diciamo la vita lo stile di vita di determinate fasce fasce sociali dall’altro è interessante segnalare come si è in corso un processo inverso diciamo di decriminalizzazione del ricorso all’uso della forza da parte delle forze dell’ordine penso per esempio alla discussione sul reato di tortura che viene esplicitamente messa in discussione da esponenti dell’attuale maggioranza al governo ma anche a le fatti specie di resistenza violenza e resistenza ai pubblici ufficiali o i reati di rivolta nelle carceri o nel CPR nei centri di detenzione per migranti che sono stati proposti di recente e saranno all’attenzione del Parlamento nelle prossime settimane sono tutte fatti specie che in un certo senso danno margini operativi maggiori alle forze dell’ordine nella gestione delle situazioni cosiddette critiche quelle situazioni che possono anche degenerare nell’uso della forza
[Speaker 9]
Yes, I’m afraid but we don’t give up
[Speaker 8]
Cosa è successo? Storie e voci per capire quello che accade