L’arte alla radio, con il direttore del Museo Novecento Sergio Risaliti “Concetto spaziale. Attesa”, di Lucio Fontana (1966)
“La vera conquista dello spazio fatta dall’uomo, è il distacco dalla terra, dalla linea d’orizzonte che per millenni fu la base della sua estetica e proporzione” Lucio Fontana.
Fontana era un’artista pienamente a suo agio con il progresso tecnologico. Prima ancora della Pop Art aveva compreso l’importanza della televisione, ma non in senso consumistico o sociologico, come sarà appunto negli anni sessanta. A lui interessavano altre questioni di tipo epistemologico e metafisico. Nel Manifesto del movimento spaziale per la televisione scriveva: “Noi spaziali trasmettiamo, per la prima volta nel mondo, attraverso la televisione, le nostre nuove forme d’arte, basate sui concetti dello spazio, visto sotto un duplice aspetto: il primo quello degli spazi, una volta considerati misteriosi ed ormai noti e sondati, e quindi da noi usati come materia plastica; il secondo quello degli spazi ancora ignoti del cosmo, che vogliamo affrontare come dati di intuizione e di mistero, dati tipici dell’arte come divinazione. La televisione è per noi un mezzo che attendevamo come integrativo dei nostri concetti”. I suoi concetti sono appunto Concetti spaziali.
C’era in Fontana la certezza di dover superare lo spazio illusorio della pittura, il piano della superficie di rappresentazione, per muoversi oltre la cornice in uno spazio tridimensionale, e poi oltre verso altre dimensioni, quelle infinite del cosmo.
La sua ricerca si svolge non solo all’insegna di una nuova esperienza e concezione dello spazio, quanto anche del tempo colto in una doppia dimensione: verso un passato dei primordi, quello della nascita della terra, e verso un futuro dell’universo, quello della sua dimensione infinita. La sua ricerca approfondisce la dimensione ctonia, originaria, tellurica di una materia appena generata, non in senso religioso ma cosmologico, una dimensione della terra degli inizi del mondo o della luna, di un meteorite, o di un lontano pianeta, delle galassie e dei buchi neri. Ecco allora nascere i Concetti spaziali, tagli effettuati sulla tela, quasi sempre, monocroma, e le Nature enormi polpette in bronzo o terracotta nella cui materia informe l’artista ha provocato dei buchi, delle vagine. L’arte di Fontana non è maschile, vulcanica, demiurgica, la sua arte allude alla forza generativa femminile, attiva nella mente dell’artista come nella natura, nel cosmo e sulla terra.
Il Museo Novecento conserva ben tre ceramiche dipinte di Lucio Fontana parte della Collezione Alberto Della Ragione e un celebre taglio, un Concetto spaziale, che fu donato dall’artista a Carlo Ludovico Ragghianti all’indomani dell’alluvione di Firenze per il costituendo MIAC, il museo internazionale di arte contemporanea, sognato dal critico e mai inaugurato veramente, fino ai nostri giorni, ma in una diversa concezione e forma.
Il taglio è netto, eseguito con il gesto di un chirurgo. Il piacere sta nella provocazione, la provocazione sta nell’immaginazione di uno spazio ulteriore, oltre il taglio, la slabbratura. Un infinito raggiungibile con la mente. L’oltre che nasce nella nostra mente e può essere illimitato, come illimitata è la nostra vita immaginativa la cui estensione può essere pari a quella del cosmo, ma a differenza di quello essa finisce con noi e le nostre azioni. “ Scoprire il Cosmo è scoprire una nuova dimensione. E’ scoprire l’infinito”. Così bucando o tagliando una tela, che sono la base di tutta la pittura “Ho creato una dimensione infinita”.
Sul retro di ogni suo quadro Fontana annotava delle frasi per ricordare il giorno dell’esecuzione dell’opera, il suo stato d’animo, magari l’ispirazione ma anche forse per tenere lontani i falsari. Dietro il Concetto spaziale del MIAC, ci sono questi appunti:
“Allunaggio morbido dei russi sulla luna. Ere spaziali”.
Copyright Sergio Risaliti
Immagine: Museo Novecento, Raccolta Alberto Della Ragione. Fototeca dei Musei Civici Fiorentini.
Montaggio video: Antonella Nicola