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Firenze: 800mila euro a famiglia lavoratore USL ucciso da amianto

Saranno risarciti complessivamente per 800 mila euro la moglie e i due figli di un ex dipendente dell’ex Usl 10/D, fiorentino, morto nel giugno 2012, a 73 anni, a causa di un mesotelioma pleurico. Per il giudice del tribunale del lavoro di Firenze Carlotta Consani aveva contratto la malattia nei luoghi dove aveva lavorato.

A pagare saranno la gestione liquidatoria dell’ex Usl e la Regione Toscana, colpevoli, spiega il giudice, di non aver “tutelato i lavoratori” contro i rischi connessi all’esposizione all’amianto. In particolare l’uomo, che aveva lavorato nella lavanderia e nelle centrali termiche degli ospedali fiorentini di Santa Maria Nuova e Careggi, era a contatto diretto (“mangendolo a mani nude”) con l’amianto usato come isolante sia nelle centrali termiche sia per le tubazioni e le guarnizioni nelle lavanderie.

Un particolare testimoniato dai colleghi dell’uomo durante l’istruttoria (il giudice ha fatto svolgere anche due consulenze tecniche): le operazioni di rimozioni dell’amianto sarebbero iniziate solo nel 1990 e, secondo quanto riportato dall’avvocato Pietro Frisani che insieme Emanuela Rosanò rappresentava la famiglia, si conclusero definitivamente solo tra il 2011 e il 2012. Per il giudice è stato dimostrato il nesso di casualità tra la malattia contratta dal lavoratore e l’esposizione all’amianto e anche la responsabilità del datore di lavoro che, solo su richiesta dei dipendenti “del tutto disinformati”, negli ultimi anni forniva le mascherine antipolvere.

Il tribunale ha disposto il risarcimento di 200mila euro ciascuno alla moglie e ai due figli dell’uomo, e 200mila euro complessive per il danno terminale.

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