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Formato Cartaceo del 4 dicembre 2022

CAPPAGLI Alice, Niente caffè per Spinoza, Einaudi

[«- Il Professor Farnesi! È stato il mio insegnante al liceo. Mi era sembrato quel giorno, quando ci siamo visti la prima volta, che quella in due pezzi, come si chiama? La tua amica, insomma, lo avesse nominato.

– Non è mia amica. Però, sì, lavoro dal Professore.

– Ma dài, impossibile dimenticarlo, un personaggio così.

– Guarda che coincidenza, – dissi più piano.

– È da un po’ che non mi faccio vivo con lui. Sono passato da casa sua qualche mese fa, non stava tanto bene.

– Non è che sia in gran forma neanche ora, però se la cava.

– Per caso ti fa leggere aforismi e massime?

– Proprio!

– Fissato con la filosofia morale…

– Sì, la usa un po’ come un ricettario. Hai presente quando uno che deve fare la torta legge per filo e per segno come si fa? Lui fa lo stesso, volta per volta controlla la ricetta su come si parano i guai senza restarci sotto.

Angelo rideva.

– Oppure lo fa al contrario: capita qualcosa, e va a cercare perché quella cosa è capitata. E il bello è che lo trova.

(…)

– Magari quest’inverno torno a trovarlo. Mi piacerebbe rivederlo, non sai quanto gli devo. Era così bravo che all’inizio volevo iscrivermi a filosofia. In classe volevamo diventare tutti filosofi, ma lui mi ha suggerito di fare qualcosa di scientifico. Una volta era fissato con Spinoza. Te l’ha fatto leggere?».

Lei gli legge i filosofi e gli riordina la casa, lui le insegna che nei libri si possono trovare le idee giuste per riordinare anche la vita. Perché lui è un anziano professore capace di vedere nel buio, lei una giovane donna che ha perso la bussola. E mentre il sole entra a secchiate dai vetri, mentre il libeccio passa «in un baleno dall’orizzonte al midollo, modificando i pensieri e l’umore», il profumo della zuppa di lenticchie si mescola ai Pensieri di Pascal, creando tra i due un’armonia silenziosa e bellissima. «Bisogna che io legga nelle cose piccole verità universali. Ma mi occorre la sua collaborazione», dice il Professore a Maria Vittoria. E non resta che dargli ragione, perché in fondo siamo tutti responsabili della forma che imprimiamo alla felicità, nostra e degli altri. Quando all’ufficio di collocamento le propongono di fare da cameriera e lettrice a un vecchio professore di filosofia che ha perso la vista, Maria Vittoria accetta senza pensarci due volte. Il suo matrimonio sta in piedi «come una capannuccia fatta con gli stuzzicadenti» e tutto, intorno a lei, sembra suggerirle di essere arrivata al capolinea. Il Professore la accoglie nella sua casa piena di vento e di luce e basta poco perché tra i due nasca un rapporto vero, a tratti comico e mordace, a tratti tenero e affettuoso, complice. Con lo stesso piglio livornese gioioso e burbero, Maria Vittoria cucina zucchine e legge per lui stralci di Pascal, Epitteto, Spinoza, Sant’Agostino, Epicuro. Il Professore sa sempre come ritrovare le verità dei grandi pensatori nelle piccole faccende di economia domestica e Maria Vittoria scopre che la filosofia può essere utile nella vita di tutti i giorni. Ogni lettura, per lei, diventa uno strumento per mettere a fuoco delle cose che fino ad allora le erano parse confuse e raccogliere i cocci di un’esistenza trascorsa ad assecondare gli altri. Intorno c’è Livorno, col suo mercato generale, la terrazza Mascagni e Villa Fabbricotti, le chiese affacciate sul mare. E una girandola di personaggi: gli amici coltissimi del Professore, la figlia Elisa, la temibile Vally, cognata maniaca del controllo, la signora Favilla alla costante ricerca di un gatto che le ricorda il suo ex marito, i vecchi studenti che vengono a far visita per imbastire interminabili discussioni. E poi Angelo, ma quello è un discorso a parte. A poco a poco Maria Vittoria e il Professore s’insegneranno molto a vicenda, aiutandosi nel loro opposto viaggio: uno verso la vita e l’altro – come vuole l’ordine delle cose – verso la morte. Senza troppi clamori, con naturalezza, una volta chiuso il libro ci rendiamo conto che la lezione del Professore sedimenta dentro a tutti noi: dai libri che amiamo è possibile ripartire sempre, anche quando ogni cosa intorno ci dice il contrario.

L’autrice è livornese, è laureata in filosofia e dal 1982 suona il violoncello nell’orchestra del Teatro alla Scala.

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