Formato Cartaceo del 5 marzo 2023

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    MUNRO Alice, 13 libri di racconti e un romanzo di formazione (La vita delle ragazze e delle donne), tutti ora disponibili nelle edizioni Einaudi. Alla Munro (Wingham, Canada, 1931) è stato assegnato il premio Nobel per la narrativa nel 2013; dopo quella data ha smesso di scrivere narrativa. Da quale libro cominciare? Suggerisco di partire da Nemico, amico, amante…, da Chi ti credi di essere e da La danza delle ombre felici; poi se questi vi saranno piaciuti, non avete che da scegliere…

    [Quelle della Munro sono storie di donne colte in momenti chiave o di svolta delle loro vite ma sempre inserite in microcosmi famigliari ritagliati nell’opaca provincia canadese (che potrebbe essere benissimo l’opaca provincia italiana), preferibilmente durante primavere frettolose che trapassano in estati afose e brevi; storie di ragazze che diventano donne fra tristi pareti domestiche, in angusti spazi esteriori che rischiano di diventare (e diventano) angusti spazi interiori fino a uno scatto bruciante, a una cesura inesplicabile e dolorosa; sono donne fuori posto e che si sentono fuori posto. La scrittrice racconta – e lo fa con amorosa comprensione e simpatia – dinamiche sotterranee, sentimenti insondabili e inconfessati (o inconfessabili), ci svela segreti delle coscienze, quasi sempre giocate tra le pene del matrimonio e l’esaltante leggerezza dell’adulterio.

    Sono quasi sempre piccole esistenze quotidiane fatte di solitudine, di delusioni e illusioni, di rinunce e nostalgie, di memorie (i ricordi e il passato hanno sempre un ruolo centrale nei racconti di Munro) e attese, di rimorsi e rammarichi, di incomprensioni e recriminazioni, di sogni e ambizioni frustrate, di umiliazioni e di bugie, di finzioni e di silenzi. Ma sono anche vite quasi sempre percorse e travolte da segrete passioni, da desideri irresistibili, a volte con risvolti oscuri e indicibili… Esistenze immerse nei riti di passaggio e nelle cerimonie della quotidianità e della tradizione, fatte di bei gesti e di occultamenti, di affettuose apparenze e di affettuosi inganni, di conversazioni cordiali e furibonde, di ipocrisie e di buone maniere, ma anche di decisioni coraggiose e ‘improvvise’, di sentimenti genuini come il dolore e il senso di colpa che loro non si sognano di negare (hanno una forte cognizione del dolore) ma ai quali non permetteranno assolutamente di intralciare la strada che hanno deciso di percorrere…

    Vite ordinarie e all’apparenza normali, quelle che Munro descrive, forse noiose e monotone ma quasi sempre squarciate all’improvviso da un colpo di forbici, da un lampo e avviate a volte verso il disastro esistenziale… Sono anche donne in attesa di qualcosa che cambi la loro vita e che «non sono mai veramente infelici perché (sentono) che prima o poi sarebbe loro successo qualcosa di fantastico»), donne che pur di sfuggire al grigiore delle loro vite, all’amara constatazione di essere seconde (o ultime) «avrebbero preferito essere scelte. Essere scelte da un uomo, dal suo desiderio e dal destino che lui avrebbe disposto per loro. Avrebbero preferito essere loro le amanti, l’oggetto dello scandalo».

    Donne le quali sanno perfettamente che «il dolore va risparmiato per le cose gravi, per le perdite importanti» come la morte di un figlio, ma che sanno riconoscere e si inchinano davanti al supremo richiamo della carne: «Non avrebbe sacrificato un’ora sola della vita dei suoi figli in cambio di uno squillo del telefono, di Maya che le diceva: ”È disperato, Georgia. Gli dispiace, ti ama da morire”. Eppure, una telefonata del genere le avrebbe procurato una felicità che nessuno sguardo, nessuna parola da parte dei suoi figli avrebbe mai potuto darle».

    Oppure: «E mentre osservava i propri figli sulla giostra o tastava la forma sublime di un limone al supermercato, Georgia era allo stesso tempo l’altra donna che solo poche ore prima stava gemendo e dibattendosi sulle felci, sulla sabbia, sulla nuda terra, o, se pioveva, dentro l’auto – una donna che aveva violentemente e voluttuosamente perso ogni controllo, che era andata alla deriva, che aveva riacquistato la padronanza di sé e che dopo aver fatto l’amore faceva infine ritorno a casa con i capelli arruffati, le labbra gonfie, i vestiti spiegazzati e pieni di sabbia però più forte e più leggera, assolutamente non innamorata ma nelle grazie dell’universo».

    Donne di ogni età e condizione che si dibattono quietamente, «franche e indecise come sempre», ironiche e gentili, che a volte mentono a sé stesse perché sanno che altrimenti, se non te la racconti un po’, mica riusciresti a tollerare e sopportare la tua vita; donne che quando lui che non è il marito mette loro un braccio intorno alla vita e le bacia all’improvviso su un ponte galleggiante buttato sopra un lago, provano «una specie di leggerezza indulgente, quasi una voglia di ridere, un fremito di affettuosa ilarità, che ha la meglio su tutto il dolore e il senso di vuoto, per il momento».

    Donne attraenti e ruvide (hanno tutte dei bei caratterini!) e tutte intelligenti nonché dotate di un irresistibile e incoercibile spirito di autonomia e di indipendenza, con desideri e aspirazioni profondi che avvistano di sfuggita alternative e che vivono brevi trasgressioni, ma che per tanto, troppo tempo non riescono a prendere in mano e a indirizzare la loro vita così poco lineare. A volte però lo fanno con scelte e decisioni drastiche e definitive che feriscono altre persone (soprattutto maschi), che mandano in pezzi qualcosa, donne che tirano finalmente un calcio (metaforico) negli stinchi (metaforici) di qualcuno («È stato difficile arrivare alla rottura, ma non c’era altro da fare. Le bambine mi mancano da morire, ma ogni esperienza ha il suo prezzo. Sto imparando a lasciare libero un uomo e a prendermi anch’io la mia libertà. Sto imparando a prendere il sesso con allegria, il che non è facile per me, perché non è così che ho cominciato, e non sono più giovane, ma sto imparando lo stesso»).

    Donne che devono sempre fare i conti, prima che con qualche uomo, con altre donne: le figlie con le madri, le sorelle con le sorelle, le nipoti con le nonne, le amiche con le amiche… Sapendo benissimo che, dopo, potrebbero non essere felici e che non tutto – e sicuramente non per sempre e comunque non a lungo – funzionerà, ma vuoi mettere la soddisfazione di essere padroni di sé stessi? Vuoi mettere credere «di vivere fuori del tempo in un’immaginaria, perfetta libertà, come i bambini, il futuro non ipotecato, tutte le scelte ancora possibili»? (e infatti il finale di molte di queste storie è aperto. O incerto). «…quello che pensava davvero era che certe donne, donne come lei, erano sempre pronte a fare la posta a una follia che potesse contenerle…».

    «Non c’è nulla che si possa fare ora, se non infilarsi le mani (i pugni?) in tasca e conservare un cuore ribelle». E non importa se là fuori il mondo non è solo novità e avventura e cuore in gola, ma anche figure, temibili e paurose, che in genere hanno a che fare con la mascolinità e la violenza e poi magari ci si mette di mezzo anche il destino beffardo, crudele o a volte insperatamente salvifico… Bisogna almeno provarci: «Girai intorno alla casa per raggiungere la porta sul retro, pensando, sono stata a un ballo e un ragazzo mi ha accompagnata a casa e mi ha baciata. Era tutto vero. La mia vita era possibile. Passai davanti alla finestra della cucina e vidi mia madre. Era seduta con i piedi sullo sportello aperto del forno e beveva tè da una tazza senza piattino. Stava semplicemente lì seduta ad aspettare che tornassi a casa e le raccontassi quello che era successo. E io non l’avrei fatto, non l’avrei mai fatto. Ma quando vidi la cucina immersa nell’attesa e mia madre con il suo chimono a disegni cachemire stinto e sfilacciato, il viso assonnato ma pieno di tenace aspettativa, capii che avevo un misterioso e opprimente obbligo di essere felice, e che per poco non avevo fallito, e che avrei sempre rischiato di fallire, ogni volta, e lei non l’avrebbe mai saputo».

    E gli uomini, chiederete voi? I maschietti che compaiono nei racconti (ma non tutti, eh! Non certo il Ben Jordan di Walker Brothers Cowboy) non ci fanno quasi mai una bella figura, anzi! Sono ometti, ‘maritini’, un po’ vigliacchetti e paraculi, indecisi e incerti, frastornati e meschini, incapaci di slanci emotivi, afasici o balbettanti quando si tratta di esprimere i propri sentimenti («Non aveva alcun bisogno di rivederlo, per anni non aveva provato il minimo desiderio in tal senso. Un uomo può minare la tua vita per un tempo incalcolabile, e all’improvviso un giorno non resta più niente, dove prima c’era lui c’è solo un vuoto, una cosa impossibile». «Si guardarono (Maya e Georgia) con aria depressa e risero. Poi dichiararono – ammisero – che cos’era a pesare sulle loro spalle. Era l’innocenza di quei mariti – la loro sincera, decorosa, salda, appagata innocenza. Ecco una cosa estenuante e irrimediabilmente scoraggiante. E che rende l’intimità un’incombenza quotidiana»].