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Formato Cartaceo dell’11 dicembre 2022

CAMPANI Sandro, Il giro del miele, Einaudi
[«Come è bello avere ospiti in casa, quando in una casa si sta bene.»
«Voleva il fuoco del camino com’era lì nella casa sopra la falegnameria vecchia,
il fuoco armonioso e crepitante che c’è nei posti rustici e alla mano mentre fuori è
freddo e ci sono poche luci, anzi nessuna, e ti viene servita una zuppa da
mangiare, e non importa nemmeno se quel calore è a comando e tu sei ospite
pagante, basta che tutti siano gentili, con te e tra di loro, perché da quello
dipende la salvezza.»
«Lasceremo lì dentro queste cose. Scenderemo i tre scalini di pino e andremo al
parcheggio. Penseremo a un posto a cui tornare, che giustifichi le manovre e lo
stridore delle ruote sulla ghiaia. Proveremo l’angoscia di non averlo mai avuto
per davvero, e insieme la rassicurazione di avere fatto quel che potevamo per
averlo; lo capiremo entrambi, senza dirlo, e Davide riaccenderà l’auto. Quindi
adesso usciamo. Siamo usciti. Però prima di chiudere la porta mi sono preso cura
delle braci, e con la mano buona ho ravvivato il fuoco.»
Davide è un uomo semplice che ha un lavoro semplice: consegna il miele a
domicilio nel paese dell’Appennino dove è nato e cresciuto. La faccia pulita, le
spalle e le mascelle larghe: ha l’aspetto di quello che le signore anziane chiamano
“figliolo”, o “giovanotto”. Le ragazze l’hanno sempre snobbato, «ma tanto, lui, era
innamorato della Silvia fin da quando erano piccoli». Davide è massiccio di
costituzione (…) e il suo corpo emana forza e insieme pulizia; è una cosa che hanno
sempre notato tutti, ed era uno dei motivi per cui alla Silvia piaceva. E infatti se
l’era preso.
Poi, perso il lavoro, perso il grande amore, spinto dalle circostanze della vita
Davide ha cominciato a bere, lasciando entrare in sé una violenza che non è in
grado di gestire.
Il vecchio Giampiero invece è stato l’aiutante del padre di Davide. Ha una mano
bruciata in seguito all’incendio della falegnameria in cui lavorava, ma soprattutto
ha una moglie amata, l’Ida («Se non avessi avuto l’Ida, sarei finito. Lo so ogni ora
che vivo»). Non sono riusciti ad avere figli. Ha visto crescere Davide, e lo accoglie
ora, a tarda notte, quando viene a bussare alla sua porta.
Mentre una presenza si aggira per i boschi (è forse la lince di cui si vocifera in
paese?), i due uomini si confrontano in un singolare duello scandito dalle tacche
su una bottiglia di grappa. Sono le loro vite che scorrono in questa lunga notte:
l’amore che dura e quello che si perde, gli errori dei padri, gli errori dei figli, il
dolce e l’amaro, il peso specifico di ciascun essere umano. Un bicchiere dopo
l’altro, parlano fino all’alba.
Intanto i ciocchi di legno scoppiettano nel camino e l’alcol brucia la gola, ed è come
se l’autore si sedesse accanto al lettore a raccontare.
E nessuno potrà muoversi finché la storia non sarà finita.]

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