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Speaker 0: Storia e memoria del novecento, un ciclo di podcast per raccontare I luoghi della memoria in Toscana.
Speaker 1: Siamo noi questo prato di aghi sotto il cielo, la storia siamo noi, attenzione, nessuno si senta escluso.
Speaker 2: Stiamo andando a Pieve Santo Stefano, da Firenze ci mettiamo un’oretta e mezza, Arriveremo in Valtiberina, una zona toscana di frontiera. Piede Santo Stefano è un piccolo comune di tremila abitanti. È diventato però molto celebre negli ultimi quaranta anni proprio grazie a questa esperienza unica che stiamo andando in qualche modo a vedere per raccontarvela. Stiamo parlando dell’Archivio Diaristico Nazionale, fondato nell’ottantaquattro dallo scrittore e giornalista Saverio Tutino. Però la storia un’esperienza unica che ha visto convergere in questi anni migliaia di diari, memorie, pistolari, la microstoria di persone comuni che qui tutte insieme diventano la storia, la storia con la S maiuscola.
Speaker 3: Buongiorno,
Speaker 2: ho un appuntamento per un’intervista.
Speaker 4: Ok, aspetti, c’è Luigi, mio collega, c’è anche Rossella che io sono in visita con una visitatrice.
Speaker 2: Prego. Noi stiamo per visitare il piccolo museo del diario, un’esperienza imperdibile dove la salvaguardia della memoria incontra la testa e il cuore di migliaia di altre persone comuni e diventa davvero memoria viva. Quattro sale allestite in maniera incantevole nel senso letterale del termine. Le visite al museo vengono fatte con una guida che segue ogni persona. Ciascuno viene accompagnato uno ad uno.
Noi facciamo questa visita con Luigi Buroni che ci racconta del piccolo museo del diario.
Speaker 3: Il museo nasce nel 2013, l’archivio nasce 40 anni fa, quindi si nasce un po’ di differenza. Il museo nasce per far conoscere in maniera appunto meraviglia più emotiva le storie che sono in archivio, siamo a 10.000 testimonianze, ad oggi arrivate qua, di persone comuniche hanno portato qua da noi un diario dell’elettro de Memoria e coprono più o meno più di 200 anni di storie italiane. Lo Saveri, Rudino, giornalista, scrittore nato nel 23 Milano, morto a Roma nel 2011, giornalista che ha passato la vita in giro per il mondo seguiva a Sudamerica, Cuba, Cira, Argentina, Espresso, l’Innos, Repubblica veniva anche frequentava Anghiari che è qui uscito.
Speaker 5: Gli piace Anghiari, gli piace la
Speaker 3: zona, gli piace la tiberina, noi siamo un territorio di confine, va in pensione perché il dottore suoi ha detto basta viaggi avventurosi e si prende una casetta Anghiari, quindi conosce la questa zona, poi ripensando la sua vita un po’ più di tempo libero, insomma, meno viaggio avventuroso, capisce che forse è arrivato il momento giusto per mettere a frutto la sua idea, cercare un posto in Italia che raccogliesse le memorie della gente comune, attraverso la scrittura privata, la scrittura di sé, quindi diari, lettere, memorie e quindi parte l’avventura 40 anni fa.
Speaker 2: In termo?
Speaker 3: In termo siamo a 10.000 testimoniani. Il museo invece ha una piccolissima forma, molto diversa, che non si aspetta tecniche di vetro, esposizioni fisiche, invece qui c’è l’ideale che vi dicevo prima, la notte I nostri ideari possono liberare, liberamente svolazzare di quelli là. Seconda guerra mondiale, ci concentriamo magari di più sulla seconda guerra mondiale, in quel periodo là, siamo a circa 3000 testimonianze per quel periodo là, qua parlando di seconda guerra mondiale c’è Orlando, Orlando Ipposti, 1944 a Roma siamo in piena occupazione tedesca viene a sapere che I tedeschi lo vogliono catturare, mette in salvo tutti I suoi amici, poi deve andare al bar Bonelli dove c’è la sua innamorata e lì purtroppo della catturata dei tedeschi è rinchiusa nel carcivia Tassi e dal carcivia Tassi riesce a mandare 38 pezzettini di carta alla mamma nascosti nel colletto della camicia perché tedeschi permette a una prigioniera di mandare lavare e adesso qui si apre qua e si vedono I fogliettini di Orlando che ti dà un attore.
Speaker 6: Oggi non so, non ho la forza di risollevarmi, è subentrato in me un brutto presentimento che mi ha fatto cadere in un abisso da cui è ben difficile uscirne. Voglia Dio, che quel presentimento non fosse altro che una crisi passeggiera, perché mi dispiacerebbe non poter realizzare I progetti che ho studiato e meditato attentamente in questi giorni. Lellina, ho deciso firmamente. Voglio studiare, voglio, se le condizioni sociali e militari di Roma me lo permetteranno, prendere la licenza liceale, così tornerai giusto con gli anni che ho perduto e poi sempre se la buona stella mi assistesse vorrei frequentare l’università ed ho scelto la facoltà di medicina perché è una professione che per me ha una particolare attrattiva. Tu, Lellina, che ne pensi?
Se il buon Dio permetterà che sopravviva. L’idea di Saverio
Speaker 3: è stata quella pulminante negli anni 80, insomma, attraverso la raccolta delle persone cosiddette gente comune, ma la gente comune è quella che poi si trova nel contesto della storia, quindi I nostri testi partono, c’è anche roba del 500-600, il grosso parte dal primo 800 ad oggi, quindi ci sono tutte le guerre del 800, la prima guerra mondiale, la spagnola, l’emigrazione, la seconda guerra mondiale, il lavoro, la famiglia c’è la vita quotidiana ma che poi diventa storia, quindi lo scrivere e andare molte volte è appunto una forma anche di cura pensiamo ai soldati dentro le trincee che non sappiano se gli innamori mattina erano vivi o no e scrivono anche un po’ per tentare di sopravvivere quindi sono tacquini di guerra con dei disegni bellissimi le lettere dell’amore le stelle alpine I prigionieri dei campi insomma c’è la vita reale proprio che è diventata storia e il diario non è altro appunto una forma di mantenersi anche a volte anche in vita a vista delle situazioni drammatiche.
Speaker 7: Biesendorf 11 gennaio 1945. Dopo due giorni infernali, ieri e l’altro ieri, passati in mezzo a dolori vari quali tosse, catarro, occhi irritati per il grande fumo della stufa, freddo, fame ed insonnia, sogni, incubi ed angosce, oggi finalmente ho avuto una giornata migliore. Mi sono seccato di stare a letto come una mummia, ho fatto il mio giro di servizio e così mi sono tuffato nel mondo. Sensazioni, ho raccolto un pezzo di legno da fuoco, l’ho odorato ed ho sentito vivo, preciso ed evidente l’odore di una calzoleria. Ho rivisto gli scarnetti per la prova, I commessi sulle scale e le scarpe nuove.
Oggi coi miei compagni di cameretta ho voluto un po’ scherzare. Ho ricordato loro I piatti tradizionali delle loro case. Li ho visti sorridere gorosamente, ma anche dolorosamente. Li ho visti seduti e sorridenti vicino a visicari. Tornati uomini alle prese con bagnacaude, con le cassate, con I risotti e con I pesti, con gli spaghetti al pomodoro e le lasagne al forno.
Non avevano più età nel volto. Sembravano vagissero come bimbi gulosi e intorno I visicari sorridevano pietosi. Intanto lo stillicidio del lavoro continua. Qualcuno della mia cameretta ha già chiesto di andare a lavorare. Noi qui in fondo stiamo benone per le camerette riscaldate, ma nel campo vero e proprio deve essere orribile.
Pare che si siano verificati casi di paresi. Dieci giorni fa è morto un tale, oggi un altro, che ci bada più ormai. Mi sento debole, stanco, magro, ma assolutamente sereno. La mia resistenza non è più questione di monarchia o di repubblica, di re o di duce, di fascismo o di antifascismo, Tutte cose ormai lontane e superate. La mia resistenza ora significa soltanto la salvezza della mia libertà.
Speaker 2: Tra le esperienze più straordinarie che è possibile fare al piccolo museo del diario c’è il racconto del cantoniere Ragusano autodidatta Vincenzo Rabito e l’altra quella di una contadina mantovana Clélia Marchi che una notte non avendo più carta e avendo perduto l’amato Anteo sembrisse a scrivere nell’ensuolo più bello del suo corredo matrimoniale essendo un’opera memorabile divenuta simbolo della
Speaker 3: raccolta di Pieve. Al di là che del questo è anche un opera d’arte, questo non è solo una memoria, è anche un’opera d’arte perché da quello che non risulta non
Speaker 5: esiste al mondo una
Speaker 3: vita scritta sul lenzuolo matrimoniale, perlomeno ad oggi non abbiamo notizie, però il bello è perché lo scrive. Siamo nel mondo dei quantadini, piano alla padana, lei si innamora di Anteo, giovanissima, si sposa con Anteo a 17 anni, stanno assieme più di 40 anni di matrimonio, poi una sera capita una brutta cosa, Anteo viene investito in un’auto e tre giorni dopo non c’è il suo Anteo. E lei non riesce a superare questo enorme dolore, passero tanti anni di crisi, di lutto, di pianto e comincia a scrivere, comunque gli capitasse di scrivere, cusce, fa la maglia, fa l’uncinetto, ritagliava, doveva, diciamo, tenere la mente occupata, non poteva pensare al suo Anteo, che non c’era più. Poi una notte si trovava solo in casa, ha tanto bisogno di scrivere, si accorge di avere terminato la carta. Allora gli viene in mente la sua maestra in seconda alimentare che una volta gli aveva raccontato che gli etruschi a volte avvolgevano I propri defunti su dei testi descritti.
Speaker 5: Se lo
Speaker 3: hanno fatto gli etruschi mi posso inventare qualcosa anch’io e decide di scrivere la storia della sua vita, ma dove la scrive? Nel lenzuolo, come diceva Lei, nel lenzuolo matrimoniale che non posso più consumare con il mio amore Anteo. Prendo un pennarello trattopè anni 84 e inizia a scrivereci su per la sua vita. Gli dà un titolo, Nianca Nabusia, neppure Nabugia in mantovano, la foto di Anteo in alto, il volto di Gesù Cristo al centro, a destra c’è la sua foto, ha numerato sulla sinistra tutte le righe da 184, queste nove scritte verticali sono poesie che lei dedica al suo anteo, nell’angolo sinistro a destra il rosso si vede appena appena su, scrive così, ho scritto il tuo nome sulla neve e il vento l’ha cancellato, ho scritto il tuo nome sul mio cuore e lì si è fermato. Lui è ragazzino di 11 anni, 11 anni e scrive il suo diario.
Il problema che scrive il suo diario è che durante la guerra, la seconda mondiale, Quindi fa le cartine, fa gli aerei, le navi e faceva questi oggettini con I chiodini, le pallotte e il sughero. E lui racconta la guerra vista da un bambino, le bandierine tedesche, le bandierine giapponese, le bandierine italiane, le sconfitte, le mare, le cartine, le biciclette. Lo più bello, subito vi ho attaccato un cartello con questa scritta. Per non avere un rifiuto non chiedetemi la bicicletta. L’abbiamo pagata, lire 1150.
Speaker 2: Nicola Maranesi è un giornalista e ricercatore responsabile del progetto Italiani all’estero, I diari raccontano.
Speaker 8: Nella mia esperienza di scrittore, giornalista, di autore, di programmi televisivi a sfondo storico culturale, l’esperienza di ricerca all’interno delle archive dei diari è stata cruciale, innanzitutto da un punto di vista formativo perché riuscire a estrapolare un’informazione, una lettura, un punto di vista Utile al racconto, alla ricostruzione che si vuol fare da un diario di molte centinaia di pagine scritte a mano da un soldato che combatteva la Prima Guerra Mondiale significa addestrarsi a un utilizzo delle fonti estremamente difficile, di conseguenza molto formativo. Insomma, una volta che si riesce ad acquisire una dimestichezza con quel tipo di fonte, poi ogni altra ricerca, ogni altro archivio, ogni altra indagine risulterà sicuramente più facile, più alla portata. E poi un’importanza da punto di vista emotivo, etico, perché entrare a contatto con queste scritture, soprattutto con quelle legate a determinati avvenimenti storici per le guerre, le migrazioni, ma più in generale avere a che fare con un racconto privato in cui una persona ha lasciato traccia dei momenti più importanti della sua vita, delle più grandi gioie, dei più grandi dolori, di quei passaggi che hanno segnato appunto la sua esistenza e che si riflettono grosso modo sull’esistenza di tutti noi, ecco però entrare a contatto con quest’altra persona attraverso la sua scrittura, attraverso la sua testimonianza, ti impone delle grandi regole di rispetto e di etica, ti cambia, ti cambia perché condividendo mentre fai ricerca il percorso di questa persona e appunto questi passaggi così delicati della sua vita insomma si fa qualcosa di più che semplice ricerca si si impara in qualche modo a vivere
Speaker 9: ormai stava calando la sera di quel terribile giorno nonostante le cannonate che si udiva dalla parte del fronte, sulle alture si vedevano gruppi di persone che guardavano in quella zona. Poi calò la sera, tutti andarono in rifugio senza poter avere nessuna notizia. La mattina seguente, in lontananza, si vedevano ancora case in fiamme, si udivano colpi di fucile, nessuno aveva il coraggio di andare in fondo alle murazze per saperne di più. La strada era piena di camion tedeschi che transitavano verso nord, anche il secondo giorno nulla di nuovo. Il terzo giorno, primo del mese di ottobre, di mattino a casa nostra arrivarono due superstiti, Filippo Pirini e suo nipote.
Erano bagnati dalla testa ai piedi, li invitammo accanto al fuoco, io volevo sapere quello che era successo, ma bastava guardarli per capire la gravità del caso. Volevamo dargli degli indumenti asciutti, volevamo che facessero colazione, ma loro tutto rifiutavano con un cenno di capo. Io disse, da come siete messi, certamente avrete cattive notizie. Vi preghiamo di dire qualcosa. Filippo scoppia in un sussulto.
Con gesti ci fece capire che quella zona tutto era raso al suolo poi riuscì a dire I nazisti hanno ucciso tutti noi eravamo in cerpiano la nostra famiglia di 15 persone siamo rimasti noi due perché eravamo fuggiti nel bosco ci siamo tappati le orecchie per non sentire gli urli di tanta gente in seguito si seppe che un’altra nipote si era salvata ma era ferita ancora filippo diceva noi due non sappiamo cosa fare l’abbiamo girato di nascosto perché I tedeschi uccidono ancora cercavamo aiuto ma da ogni parte si vedono dei cadaveri il nipote ancora adolescente che ancora non aveva parlato disse andiamo andiamo in ogni modo vogliamo seppellire I nostri morti le nostre parole non servirono a farli restare ci salutarono con un cenno di mano e li vedemmo scomparire nel bosco.
Speaker 4: Sono rossella Sono una guida del piccolo museo del diario e mi occupo anche delle didattiche con le scuole. Il piccolo museo del diario ha elaborato un progetto che si chiama un kit didattico di ari incrociati con il quale I ragazzi attraverso un gioco di scrittura creativa possono immedesimarsi in storie persone che hanno lasciato qua la loro vita o parte della loro vita e I ragazzi attraverso dei piccoli estratti devono ricostruire le storie di questi personaggi, immedesimarsi e scrivere una pagina del loro diario. Le tematiche in questo kit sono quattro, una è proprio dedicata alla seconda guerra mondiale.
Speaker 10: Ho un appuntamento con Barba, devo vederlo per conto di papà. Allora sei tu? Mi guarda perplesso, era stato mandato a ricevere e a portare dal comandante l’emissario. Sapeva che era una donna, ma non si aspettava che fosse quella che per lui è ancora la bambina che giocava con suo nipote. – Vieni, mi dice, ma sei capitata in un brutto momento.
Non so se potrà darti ascolto. Mi accompagna in una casa dove ci sono tanti fazzoletti azzurri agitati che imprecano tutto spiano. Quegli imbecilli, sento dire, mai che ne facciano una giusta. A mezzanotte dovevano fare il lancio, non a mezzogiorno. Hanno sbagliato anche il posto.
Siamo fottuti, ci hanno fottuto. Adesso cerchiamo di arrivare prima dei fascisti”, dice uno con una barbetta. Che sia lui, barba? Leo gli si avvicina. Gli parla.
Vedo un moto di disappunto. Viene verso di me. Mi dispiace signorina, ma vede in che guai ci troviamo. Sarà per un’altra volta. Vada via subito, non devono trovarla qui.
Vengo a sapere che c’erano altre due staffette e che un paio di partigiani li avrebbero accompagnati via verso l’ossola, attraverso le montagne. Esprimo I miei dubbi. No, là non ci voglio andare. Preferisco correre il rischio di scendere per la strada che ho fatto. Almeno ho qualche probabilità di farcela.
Non perdo tempo a discutere. In forco la bicicletta e filo via, sorda e richiami. Impossibile che fascisti siano già arrivati così in alto. Sento gridare da quella parte. Guardo, agitano le braccia, mi hanno visto, ce l’hanno con me.
Due o tre si staccano dalla fila e si buttano giù verso il fondo. Sì, penso, ora che arrivate giù e risalite su, io sono già a casa. Sparano, ce l’hanno proprio con me. Mollo I freni e mi scapicollo giù.
Speaker 2: Natalia Cangi è la direttrice organizzativa dell’Archivio
Speaker 5: di Aristico Nazionale. Nel duemiladodici noi siamo stati chiamati in quanto archivio a prenderci cura di un progetto che è stato un progetto che ha cambiato la nostra storia degli ultimi dieci anni che è il progetto di mediari multimediali migranti ovvero un progetto che da un lato raccoglie le testimonianze delle persone migranti che hanno attraversato il nostro paese oppure vivono tutt’oggi nel nostro paese ma in realtà diventa un progetto di comunità che coinvolge gli autori, coinvolge gruppi di lettura in tutta Italia e quindi diventa un progetto che ci sta parlando di una memoria che siamo di fatto costruendo per il futuro. Ad oggi hanno aderito 600 autori che arrivano da 68 paesi e da quattro continenti, quindi è veramente una finestra sul mondo incredibile. Chiaramente noi cerchiamo di non fare troppe no come dire di non di non assimilare l’emigra italiana quella che che invece oggi viene narrata perché non è corretto da un punto di vista storico cioè non possiamo fare I paragoni con eventi però è evidente e quello lo possiamo invece dire che tra memoria di persone che hanno lasciato nel nostro paese alla fine dell’ottocento inizi del novecento e le persone che arrivano oggi nel nostro Paese ci sono dei punti suggestivi di contatto, nel senso che ci sono quegli intrecci incredibili, no?
Tra storia e memoria dove il linguaggio certamente si mescola così come gli italiani mescolavano il loro linguaggio con uno slang americano o di altri paesi europei ecco che le persone che vengono arrivano in Italia si cimentano con una con una scrittura con un italiano che non è semplice e portano all’interno di quella scrittura il loro vissuto, il loro patrimonio. Dobbiamo considerare, noi almeno lo facciamo, le persone che ci donano la loro testimonianza come un patrimonio e una ricchezza da non disperdere.
Speaker 2: E l’ultima testimonianza prima di lasciare il piccolo museo del diario della fondazione archivio diaristico nazionale non poteva che essere proprio quella di Saverio Tutino, giovane partigiano milanese che tiene un diario dove racconta I rapporti con I compagni, gli astrellamenti, I combattimenti, la vittoria finale sul nazifascismo e poi terminato il conflitto, le riflessioni sul dopoguerra e sull’attualità.
Speaker 7: Lace, Serra di Vrea, 29 gennaio 1945. Lascio il comando
Speaker 5: alle 9 di sera.
Speaker 7: Non dormirò alla sede del comando per questa volta, ma sarò ospite del nazionale a poca distanza. Solo io, il vicecommissario politico, sono assente e mi salvo. Alle due di notte, con un colpo di sorpresa, tutto il comando di brigata e parte del comando di divisione vengono catturati. Ci destiamo alle prime raffiche, sorpresi nel sonno. Immagino subito la fine che stanno facendo poco distante tutti I miei compagni.
In pochi minuti raduno quei pochi uomini, una ventina al massimo e mi butto giù verso Donato, senza troppo ragionare vedo soltanto confusamente I nostri condotti via impunemente prigionieri. Piazzo il mitragliatore e salgo a svegliare un garibaldino che dorme lì accanto in una casa privata. Sono nella sua camera quando sotto comincia il fuoco. Mi precipito a basso in tempo per vedere gli uomini fuggire sotto una granuola di colpi. Infilo con loro la strada che avevamo disceso tra le case e sento fischiare le pallottole.
Ci buttiamo su per la montagna, nella neve alta e arduo muoversi. In due ore e mezza di marcia, coi pantaloni e gli scarponi ridotti a un solo pezzo di ghiaccio, raggiungo le postazioni del Nazionale e del Duka. La sede del nazionale è intatta. La 76esima è senza comando. 7 febbraio, sera.
Le ultime notizie giunte recano. Sono stati fucilati finora ad Ivrea nove o tredici dei nostri compagni. Battisti ucciso ed impiccato. Bandiera fucilato. Tutta la popolazione è impressionata dal contegno di Mac e di tutti I garibaldini della 76esima di fronte al sacrificio.
Uno sul camion che lo portava alla morte, gridava alla gente parole di incitamento alla rivolta, mostrando se stesso come esempio di sacrificio. Martin è ancora vivo, tentiamo il tutto per salvarlo. Dalla serra le forze pare si allontanino, Il rastrellamento è terminato. All’ultimo momento hanno catturato Folgore con quattro uomini dell’Aquila. In tutto il Piemonte è una sagra del sangue, della lotta.
Alla radio I fascisti dichiarano di averci distrutti, disarmati, eliminati in oltre un mese di lotta condotta in condizioni difficili. Battisti, compagno carissimo, ti amerò sempre, nel ricordo e sarai vendicato. Battisti, dormi serenamente.
Speaker 1: E poi la gente, perché la gente che fa la storia, quando si tratta di scegliere di andare, te la ritrovi tutta con gli occhi aperti che sanno benissimo
Speaker 2: cosa. Lasciamo qui il Vesanto Stefano e il piccolo museo del diario con un po’ di nostalgie, con la voglia di raccontare a tutti, ai amici, ai figli, ai parenti, di andarci e di vedere che alla fine veramente la storia siamo noi. La storia siamo noi
Speaker 1: la storia siamo noi siamo noi padri e figli siamo noi bella ciao e partiamo la storia non ha nascondigli la storia non passa la mano la storia siamo noi siamo noi questo piatto di grano
Speaker 0: un progetto della Sistema Museale, Musee Historia e Memoria del Novecento, curato da Contraradio, con il contributo della Regione Toscana.”